Pixx dall’EP d’esordio a The Age Of Anxiety.
Debutto degno di nota quello di Hanna Rodgers, aka Pixx, che, dopo un EP interessante, si propone con un vero album di cui si sente molto parlare soprattutto da parte di una certa stampa d’oltremanica. Nel 2015 la diciannovenne inglese si affaccia nel mondo dell’art-pop con l’EP Fall In. Accolto con grande favore da una critica e un pubblico di nicchia, Fall In lascia ben sperare. Siamo nell’ambito non ben definibile di un genere variegato. Una strizzatina d’occhio agli eighties, e un’azzeccata miscela di indie, elettro e pop piacevolmente ricercato.
The Age Of Anxiety si distingue già dai primi brani
Il 2017 è l’anno del primo lavoro completo. The Age Of Anxiety l’album in questione. Dodici tracce da ascoltare con attenzione perché in questo caso si può parlare di “qualcosa di nuovo” con le dovute distinzioni. Già nel primo singolo I Bow Down le intenzioni sono chiare. Il brano è orecchiabile e scorre leggero. Un biglietto da visita di facile ascolto, ma con delle soluzioni melodiche fuori dagli schemi più comuni del pop. Il tutto corredato da un ottimo videoclip.
Pixx molto più che pop
Proseguendo Pixx vuole spiazzare e ci riesce, in due momenti soprattutto. Toes e Romance sono due canzoni che partono su una base ordinaria per poi stupire piacevolmente con un paio di ritornelli sghembi e intriganti. Dopo un primo spaesamento anche l’ascoltatore più distratto non può evitare di notare che le apparenti atmosfere dissonanti mal celano una voglia di lanciarsi in territori meno conosciuti.
The Age Of Anxiety: già il titolo è una dichiarazione di intenti. E’ un insieme di atmosfere cupe e allo stesso tempo leggere in cui Pixx prova a camminare su strade non scorrevoli. L’esperimento, perché di questo si tratta, è riuscito. Certo si avverte una non completa maturità e in alcuni momenti una giustificata incertezza tipica di chi non sa ancora dove vuole arrivare, ma non ci sono dubbi sulle ottime capacità.
I momenti migliori di The Age Of Anxiety
Il disco scorre e qua e là si incappa in un altro paio di perle su cui vale la pena soffermarsi.
A Big Cloud To Float Upon, Telescreen e The Girls sono brani da ascoltare più di una volta per cogliere un pensiero che tenta di staccarsi e volare alto. Qui le melodie e i testi guardano oltre il pop-rock per puntare su un genere che a tratti ricorda St. Vincent o Grimes. Concludendo non resta che incoraggiare la giovane next big thing inglese sperando che continui e perfezioni uno stile che rischia di diventare piacevolmente innovativo e personale.
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