Titolo lunghissimo per una band sorprendente: Rats On Rafts – Excerpts From Chapter 3: The Mind Runs A Net Of Rabbit Paths.
Ennesimo segno di ignoranza totale del sottoscritto che se non fosse per Tomtomrock ascolterebbe ancora la musica che sentiva sino, diciamo, alla fine del 2000… E invece di acqua sotto i ponti, in termini sonori, ne è passata in questi ultimi vent’anni tanto è vero che per non affogare questi topolini si son trovati delle zattere… I Rats on Rafts sono una piccola ma enorme band olandese di quattro elementi che gira dal 2005, ha all’attivo tre album e arriva ora nelle mie orecchie con l’ultima emissione con un titolo wertmulleriano Excerpts From Chapter 3: The Mind Runs A Net Of Rabbit Paths. Mi sono accinto all’ascolto con la solito supponenza anagrafica ma attirato dalla copertina, un bel dipinto che non indulge sulle solite faccine belle ma colpisce il segno (grafico) ed invita alla curiosità.
Un occhio al passato, ma anche a 360 gradi
In termini musicali si direbbe che a suonare siano almeno in venticinque, la creazione meticolosa di un tetris musicale strutturalmente ad alti livelli, gli incastri vocali, un muro sonoro che evoca i primissimi Echo & The Bunnymen (difficile esimersi dal citare i riferimenti) ma anche tante soprese e contaminazioni che rifuggono dall’autocompiacimento ormai raggiunto dai gruppi madre e trovano invece un degno compimento nell’ascolto delle canzoni. Sono simpatici questi Rats On Rafts, spaziano da intro quasi ambientali e molto prossimi ad alcune emissioni della Penguin Cafè Orchestra a turbinii sonori affastellati di declamatorie e cori da colonna sonora del contemporaneo, l’uso della voce che il cantante David Fagan, quando non canta, mi ha ricordato le sparate di Einar Örn Benediktsson, quello che stressava Bjork nei Sugarcubes, mentre la bella voce di Natasha van Waardenburg pare essere cresciuta tra le colonne sonore di Morricone e i jingle giapponesi di dolciumi.
Importante l’utilizzo reiterativo e quasi di scuola newyorkese delle chitarre, una decisa cifra sonora della band che li rende, in tempi sintetici e campionati, originali più di tante band neo wave uscite in quest’ultimo periodo.
Excerpts From Chapter 3: The Mind Runs A Net Of Rabbit Paths: le canzoni dei Rats On Rafts
La tematica dell’album è, ad avviso del sottoscritto, biblica, lo si evince dal titolo dell’album e dalle songs, si respira aria talvolta apocalittica, un vecchio testamento marziale, e l’impressione finale è che ci si trovi di fronte ad un concept wave come non accadeva da tempo. Fa da prologo una pioggia elettronica e da epilogo una grande ombra avvelenata, in mezzo ci trovate A Trail Of Wind and Fire, singolo cantato da una sorta di Robert Smith ancora in forma, la marcia di Second Born Child , il delirio Tokyo Music Experience, versione kraut dei B-52’s in trasferta, la fantastica Fall Of The Plague dove si colgono le suggestione Bunnymen, il recitativo Fragments, il post punk di The Disappearence of Dr. Duplicate quasi Wire, l’inno Where Is My Dream con i suoi clangori alternati a distese di pace, e il dittico Part I of The Long Dought e Part II Crossing the Desert forieri di una conclusione sotto i colpi degli elementi, del fato e di chissà cos’altro.
Sarà che ancora non si sa come è messo il pianeta, tra punturine e mascherine, tra il revival delle guerre civili con tanto di corna e tattoo, sarà che, per molti, la fine del mondo è nel proprio privato, ma questo disco mi ha distratto tenendo le orecchie e la testa impegnata per ben 48 minuti e avendo voglia di ascoltarlo di nuovo, non è cosa da poco. Teneteli d’orecchio.
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