Roger Waters – Is This The Life We Really Want?
Quando si termina l’ascolto di Is This The Life We Really Want? la sensazione che si ha è quella di uscire da una lunga malattia. Una ferita finalmente rimarginata. Dapprima dolorosa e poi pericolosamente infetta. Aperta fin dai tempi di The Wall e dalla cui purulenza si erano manifestate le poco convincenti esperienze soliste di Roger Waters. Nonché quelle deludenti degli ex compagni di avventure, che dopo una serie di deprimenti battaglie legali erano riusciti a mantenere (ma non ad onorare) il nome dei Pink Floyd.
Is This The Life We Really Want? riparte da The Final Cut
Ebbene con questo disco Roger Waters cancella con un solo colpo tutto ciò, proponendo il seguito ideale di The Final Cut. Un concept album di 12 tracce pervase dal disincanto che gli eventi storici, la caduta dei muri (quello personale di Pink/Waters e quelli sociali e politici nel mondo), la globalizzazione, le guerre, fino all’elezione dell’“amato” Trump e gli altri nefasti eventi recenti, hanno causato in una mente estremamente lucida e ferocemente critica. Roger Waters è una geniale anima inquieta. Che quando sente l’urgenza di esprimere qualcosa difficilmente lo fa scendendo a compromessi.
Roger Waters e l’eredità dei Pink Floyd
In questo disco sceglie di insinuare nei brani ampi riferimenti PinkFloydiani. Ma lo fa prediligendo le atmosfere, le armonie, la ritmica e i suoni delle tastiere, palesi autocitazioni. Da manuale, per questo, la produzione di Nigel Godrich. Mentre esclude le parti soliste Gilmouriane più fresche ed accattivanti (che troviamo solo accennate in Smell The Roses).
Probabile segno di una frattura insanabile con l’ex chitarrista, ma che significa anche eliminare quei dettagli che potrebbero distrarre l’ascoltatore e portarlo a trascurare i testi, vero fulcro del disco. Questo rende l’album estremamente spigoloso e complesso, e saranno in tanti i fan meno ostinati che molleranno la presa dopo un primo ascolto superficiale.
La visione del mondo di Roger Waters
Tuttavia, chi avrà la perseveranza necessaria per entrare nell’inedita e, forse anche per l’inesorabile segno lasciato dal tempo che scorre, ancor più romantica e sentimentale visione del mondo che Roger Waters qui ci propone, ne resterà non poco sorpreso ed ampiamente soddisfatto. Si ritroverà nello stile solenne delle ballate e nella prosa teatrale, imponente e ruvida.
Che vede l’apice nel brano che dà il titolo all’album, con questa domanda così eloquente. Is This The Life We Really Want? Dove a tratti sembra di veder comparire Leonard Cohen in persona.
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