Ritorno alle origini per Slash con Orgy of the Damned.
Che Slash affondasse le proprie radici chitarristiche nel blues, come la maggior parte dei chitarristi seri, l’avevamo già capito da un bel po’ di tempo e da un bel po’ di riff. Eppure, nonostante ciò, l’uscita di Orgy of the Damned riporta l’attenzione sui fondamentali del rock (e dell’hard rock). Per tutti quelli che sono stati poco attenti in questi quasi quarant’anni dall’uscita di Appetite for Destruction a oggi.
Le voci che accompagnano Slash in Orgy of the Damned
E che il blues sia un collante speciale lo dimostra il numero di amici che partecipano all’album. Slash si fa accompagnare per ogni brano da un cantante diverso. Un ritrovo di amici, a suonare la musica del diavolo. Ma non solo quella: la scaletta vira anche nel R’n’B. E si va, tra gli altri, da Howlin’ Wolf, a Willie Dixon, da Robert Johnson a Stevie Wonder ai Fleetwood Mac. E come spesso succede in queste occasioni, non tutti i brani sono dello stesso tenore. Nulla di spiacevole, sia chiaro, perché sono talmente famosi che nessuno mai si sarebbe sognato di farsi crocifiggere con versioni ‘diverse’. Nemmeno Slash.
Ed ecco allora che si passano il microfono Gary Clarke Jr in una tiratissima Crossroads, Billy Gibbons in Hoochie Coochie Man, Paul Rodgers in Born Under A Bad Sign o, ancora, Iggy Pop in una bella versione del brano di Lightnin’ Hopkins, Awful Dreams. E poi arrivano le note un po’ più dolenti (ma non blues), come la versione con Demi Lovato di Papa Was A Rolling Stone. Che piuttosto che aggiungere, toglie molto all’originale di Strong per i Temptations. Va detto, per correttezza, che nemmeno quella mi ha mai esaltato. Oppure una Key To The Highway con troppe note e cantata dalla semi-sconosciuta Dorothy, del gruppo omonimo. Ma tant’è.
Beth Hart offre la migliore interpretazione
Alla fine ci pensa una strepitosa Beth Hart con Stormy Monday a far apprezzare tutto l’album: Slash suona come si comanda e la Hart…beh lei è di un altro pianeta. Inascoltabile l’ultimo brano, Metal Chestnut. Scritto da Slash e buttato lì, in chiusura, così, senza senso. Mah.
È proprio un’orgia di dannati, quest’album, in tutti i sensi. E, sebbene qualcuno forse avrebbe meritato qualche fiamma più alta, meglio un album così, che il poco o nulla degli ultimi lavori solisti di Slash. Qui il diavolo ha saputo metterci ancora il suo zampino. D’altronde, i brani migliori sono tutti suoi.
Be the first to leave a review.