Sparklehorse - Bird Machine

Bird Machine è il disco postumo di Mark Linkous/ Sparklehorse.

“Gli” Sparklehorse furono la creatura tra folk e alt-rock di di Mark Linkous, assecondato da un nucleo di collaboratori e ospiti importanti (PJ Harvey, Tom Waits e Dave Fridmann dei Mercury Rev).  Linkous era il classico esempio di genio tormentato, pieno di idee e di altrettanti demoni, tanto che qualcuno aveva definito  la sua musica “neo-gothic acoustic alienation”.

Breve storia degli Sparklehorse

Fra il 1995 e il 2006 escono quattro album a cui va aggiunto il progetto Dark Night of the Soul, realizzato insieme allo sperimentatore elettronico Danger Mouse e al regista David Lynch. L’opera vede la luce nel luglio 2010, ma a questo punto Mark Linkous non c’è più, morto per sua stessa mano il 6 marzo a Knoxville, Tennessee.

Come nasce Bird Machine

Questo Bird Machine (ANTI-) è curato dal fratello Matt Linkous ed è quanto di più simile si possa avere al quinto album degli Sparklehorse. Alcuni brani sono pressoché ultimati e altri rifiniti con piccole aggiunte. Quanto alle tracce vocali, sono in gran parte provvisorie, per quanto non troppo lontane – parrebbe – da quelle definitive. Matt Linkous sostiene di avere operato seguendo annotazioni piuttosto accurate lasciate dal fratello; non dice però se queste definivano anche la scaletta, che in verità suona un po’ ondivaga, come diremo fra poco.

Le canzoni del disco

L’apertura di It Will Never Stop fa pensare a un disco nervoso e distorto, in sintonia con il precedente Dreamt For Light Years In The Belly Of A Mountain. Invece, subito dopo arriva una sequenza di canzoni  lineari e di straniante bellezza.  Little Ghost e O Child sono pacate e commoventi meditazioni con tastiere elettroniche sul tema della solitudine (“Dove eravate miei buoni fantasmi quando avevo bisogno di voi?), mentre Evening Star Supercharger (su una stella in procinto di collassare) è una canzone a suo modo pop con melodia subito gratificante. Dopo l’intermezzo punk-distorto e persino pogabile di I Fucked It Up, lo struggimento torna con Hello Lord, preghiera di un soldato in mezzo al sangue del campo di battaglia.

Arriva poi una ‘sezione indie rock’ in cui Daddy’s Gone e Chaos of the Universe si allineano ai suoni ciondolanti fine ‘900 di Pavement e Folk Implosion, mentre Listening to the Highson è una cover di Robyn Hitchcock con distorsioni alla Flaming Lips. Il finale è di nuovo all’insegna di una sommessa emotività. Spiccano la rassicurante-indifesa Everybody’s Gone To Sleep (“Sono andati tutti a dormire/ Tu dove sei?”) e la quasi consolatoria Stay che fugge via in un attimo.

Piccola meditazione conclusiva su Mark Linkous

Ascoltando Bird Machine i nomi di riferimento suonano come un necrologio collettivo: Vic Chesnutt (la cui morte colpì molto Linkous), Elliott Smith, Dave Berman dei Silver Jews, Robert Fisher dei Willard Grant Conspiracy… Tutti artisti legati a suoni di origine folk, dunque ‘naturalistici’, dunque presumibilmente positivi e tendenti verso il sole. Loro invece viravano verso l’oscurità, il male di vivere. Ci si chiede perché uno come Mark Linkous, in grado di concepire tanta bellezza per gli  altri non sia riuscito a farla risuonare in se stesso, non sia riuscito a commuoversi per  canzoni che commuovono noi (e la commozione è qualcosa di vitale). Probabilmente perché lo abitava un’oscurità che a un certo punto è diventata soffocante.

Ciò detto, suona quasi imbarazzante entusiasmarsi per queste canzoni – malinconiche eppure mai davvero disperate e dalle melodie così serene – eppure è impossibile non farlo. Perché già così questo è un disco straordinario, terminato sarebbe stato pura meraviglia (termine oggi sporcato da una modesta campagna pubblicitaria che si spera di dimenticare quanto prima).

Chissà se da qualche parte Mark Linkous riesce finalmente a volersi bene e a consolarsi con la musica che lui stesso ha creato e che pareva fatta apposta                per consolare nonostante tutto. Tutto o quasi.

Sparklehorse - Bird Machine
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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