A sorpresa Taylor Swift si dedica al Folklore
Deciso cambiamento di rotta e assieme ritorno alle radici country per Taylor Swift. Folklore, ottavo album in studio dell’americana, ha una genesi singolare e, nato dall’urgenza di riempire gli spazi di tempo vuoti causati dal lockdown di questa primavera, è arrivato inaspettatamente alla fine di luglio. Non sono passati nemmeno dodici mesi dalla pubblicazione di Lover, disco pop pluripremiato, ma, evidentemente, questo 2020 ha lasciato il segno anche sulla musicista di Reading, Pennsylvania. Le sedici tracce scelte per Folklore, pur conservando alcuni degli elementi più riconoscibili dello stile della Swift, come le melodie semplici e accattivanti, sottolineate da un fraseggio elegante e leggero, virano con decisione verso l’indie-pop, anche grazie all’intervento provvidenziale del Nationa lAaron Dessner.
Taylor Swift – Folklore: davvero un disco così straordinario?
Le recensioni di Folklore sono tutte a dir poco entusiastiche. In realtà si può parlare di disco gradevole, con alcuni momenti notevoli ed altri dimenticabili e meno riusciti, ma si lascia ascoltare piacevolmente. E’ The 1 ad aprire l’album, una traccia agrodolce dedicata ad un amore finito, sottolineata da una melodia accattivante scandita dalle note del pianoforte a fare da sfondo alla parte cantata: We never painted by the numbers, baby/ But we were making it count/ You know the greatest loves of all time are over now.
Taylor Swift – Folklore: un’analisi brano per brano
Particolarmente riuscita la successiva Cardigan, in cui si fanno particolarmente sentire gli arrangiamenti dei fratelli Dessner, Bryce e Aaron, multistrumentisti particolarmente talentuosi, che conferiscono al brano una trama complessa e articolata. Bello anche il testo, una sorta di ode alla giovinezza perduta e alle illusioni d’amore che si accompagnano all’adolescenza.
Cause I knew you/ Steppin’ on the last train/ Marked me like a bloodstain, I / I knew you /Tried to change the ending /Peter losing Wendy, I /I knew you /Leavin’ like a father /Running like water, I/ And when you are young, they assume you know nothing recita il secondo ritornello.
E’ uno dei momenti più emozionanti dell’album, assieme alla magnifica My Tears Ricochet ed Exile, quest’ultima forte del featuring con Justin Vernon (Bon Iver).
My Tears Ricochet pare mettere in scena metaforicamente il funerale artistico della vecchia Taylor Swift e, conseguentemente, offre una trama musicale cupa e un testo dal gusto gotico a dispetto della voce limpida e chiara dell’americana.
I didn’t have it in myself to go with grace / And so the battleships will sink beneath the waves /You had to kill me, but it killed you just the same / Cursing my name, wishing I stayed / You turned into your worst fears /And you’re tossing out blame, drunk on this pain / Crossing out the good years / And you’re cursing my name, wishing I stayed /Look at how my tears ricochet sono i versi in coda al brano.
Il duetto con Bon Iver
Riuscito, senza dubbio, il duetto con Justin Vernon, che ci offre una prestazione lontana dalle ultime passioni elettroniche per concentrarsi in un’esibizione essenzialmente acustica. Il brano è semplice e scarno: una melodia scandita dalle note di un pianoforte accompagna il dialogo fra le due voci e l’esito è tanto inatteso quanto emozionante.
So step right out, there is no amount / Of crying I can do for you / All this time /We always walked a very thin line / You didn’t even hear me out (You didn’t even hear me out) /You never gave a warning sign (I gave so many signs) /All this time /I never learned to read your mind (Never learned to read my mind)/ I couldn’t turn things around (You never turned things around) /’Cause you never gave a warning sign (I gave so many signs) /So many signs, so many signs /You didn’t even see the signs duettano Justin e Taylor come in un gioco delle parti.
Non mancano altri episodi interessanti, come le eteree Seven e August, che ammiccano velatamente al dream.pop. Altrove l’esito è meno convincente. I pezzi risultano o scontati o dimenticabili, specie nella seconda parte dell’album dove testi e melodie paiono ripetersi senza alcun guizzo di genio. Mi limito a segnalare Betty, epilogo e retroscena della già citata August, storia di uno sfortunato amore estivo condannato sin dagli esordi, mentre il protagonista intratteneva una relazione parallela con la compagna di classe Betty.
Un disco ineguale ma interessante che si guadagna comunque un giudizio positivo.
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