The Dream Syndicate - What Can I Say? No Regrets...

The Dream Syndicate e What Can I Say? No Regrets… ovvero un torto da riparare

Non era poi così disastroso Out of the Grey, terzo album dei Dream Syndicate uscito nel 1986. Sfortunato pero sì e anche molto. Ora il cofanetto What Can I Say? No Regrets… prova a restituirgli lustro e dignità.

Breve storia 1984-1989 dei Dream Syndicate

Nel 1984 i Dream Syndicate incidono un secondo album, The Medicine Show, dal suono e dalle storie tanto inquiete quanto intriganti e dotato di un fascino noir ben tratteggiato dalla produzione robusta di Sandy Pearlman (il sagomatore del suono sci-fi zarro dei Blue Oyster Cult, nientemeno). Un disco epocale per tutti tranne che per la A&M Recordsche non rinnova il contratto al quartetto.

I guai, si sa, non vengono mai da soli e alla fine dello stesso anno il bassista David Provost e il chitarrista Karl Precoda salutano il leader del gruppo Steve Wynn lasciandolo solo con il batterista Dennis Dunn. Al loro posto entrano in scena Mark Walton e Paul B. Cutler;  il secondo dei due, come spiegheremo fra poco, farà presto preoccupare i fan. Entra anche in scena, e questo si dimostrerà ben più preoccupante, la Big Time Records.

Out of the Grey esce nel 1986 e non piace quasi a nessuno. Lo si considera troppo classic rock (ammesso che il termine allora si usasse), specie a causa della chitarra di Cutler, indiscutibilmente lontana dai deragliamenti acidi di Precoda. Anche le canzoni di Wynn lasciano dubbi, senza e asprezze dell passato e più facili nella struttura melodica. Meno di tutto piace il suono, ammiccante alle radio FM, ma anche opaco e mal definito. Il responsabile di tanto scialba produzione è ancora una volta Cutler, che a questo punto fa la figura del totale sciagurato.

Non passa molto tempo e la Big Time fallisce portando ben presto nel suo baratro anche il ricordo un po’ così di Out of the Grey. Quanto ai Dream Syndicate si sciolgono nel 1989 passando alla storia come cult band importante, influente e sfortunata nel solco di quei Velvet Underground che tanto li ispirarono a inizio carriera.

Il ritorno dei Dream Syndicate e il cofanetto che prova a riscrivere una vecchia storia

Da quei fatti sono trascorsi più di 30 anni e, a sorpresa, la storia è ridiventata cronaca. Sì perché i Dream Syndicate si sono riformati nel 2012 (senza Cutler…) e dal 2017 a oggi hanno inciso tre album che hanno fatto ritrovare loro tutti i vecchi fan coetanei con aggiunta di qualche nuova leva. Tutto in ambito indie, s’intende, ma d’altronde Wynn e compagni non ambiscono certo allo stardom dei social odierni, ben contenti dell’amore con cui sono accolti a ogni show (e lo stesso dicasi per le esibizioni da solista di Wynn).

Per rendere perfetta questa bella nuova vita era necessario raddrizzare il torto maggiore di quella vecchia. Sì, proprio Out of the Grey. Arriva così il cofanetto-giustiziere in tre cd  What Can I Say? No Regrets… (Fire Records). Se il titolo è emblematico di uno stato d’animo rasserenato, il sottotitolo spiega tutto: Out of the Grey + Live, Demos & Outtakes.

Il primo cd di What Can I Say? No Regrets…

Il primo cd (Out of the Grey + related bonus tracks) è il giustiziere-capo e fa il suo lavoro in un modo strano ma efficace. Il dato principale è che i nove pezzi del disco originale hanno un suono finalmente limpido che consente di definire una volte per tutte lo spirito dell’album: rock alternativo ben strutturato, compatto e che solo ogni tanto fa concessioni alla bombasticità di moda al tempo (la chitarra tamarra di Dancing Blind, ad esempio, o le tastiere di Boston).

E c’è una cosa ancora altrettanto importante. Ora che ci siamo dimenticati di aver desiderato il seguito di Medicine Show possiamo renderci conto di come Out of the Grey contenga una sequenza di pezzi sempre piacevoli e abbastanza variati fra loro, con almeno due classici, ovvero la struggente, quasi cantautoriale Dying Embers e l’epica Boston, quest’ultima immancabile anche nei concerti solo di Steve Wynn. E poi c’è 50 in 25 Zone che per atmosfere da pericolo incombente se la gioca con l’album precedente.

Potrebbe sembrare discutibile l’idea di interpolare la scaletta originale con due titoli tratti da un ep più o meno coevo. In realtà il risultato è un Out of the Grey più sostanzioso, ancora più articolato e che mostra come Wynn fosse stato influenzato dal disco inciso l’anno prima insieme a Dan Stuart dei Green on Red (Danny & Dusty – The Lost Weekend). Il resto del cd propone una simpatica sequenza di cover fra cui spicca Cinnamon Girl di Neil Young, a riprova di come il canadese avesse sostituito Lou Reed nel ruolo di nume titolare del Sindacato del Sogno.

Il secondo e il terzo cd

Il secondo cd, This Is Not the New Dream Syndicate Album… Live at Scorgies  propone un concerto del gruppo a Rochester nel giugno 1985, quindi quasi un anno prima delle sessions di Out of the Grey. I pezzi suonano già ben sagomati e Cutler mostra di sapere comunque il fatto suo dilatando fino al doppio della  lunghezza originaria 50 in a 25 Zone e non perdendo la sfida con Precoda sia in John Coltrane Stereo Blues (12 minuti), sia nel gran finale di The Days of Wine and Roses, i due cavalli di battaglia dei DS da vivo.

Abbastanza superfluo risulta il terzo cd, poco interessante anche nel titolo: Odds and Sods. Ci sono i primi demo con Cutler alla chitarra, utili soprattutto a dimostrare come Wynn avesse in mente un cambio di suono a prescindere dal nuovo chitarrista e ci sono una serie di improbabili e buffi accenni a brani famosi e diversissimi fra loro tipo la risaputissima floydiana Antoher Brick on the Wall o Ain’t Got Nobody dei Santana o Jeannie’s Afraid of the Dark di Dolly Parton (“momenti di svago per allentare la tensione in studio,” li descrive Steve Wynn). La cosa più interessante è un’inquieta Papa Was a Rolling Stone dei Temptations che, appena più sviluppata, se la sarebbe giocata alla pari con il Nick Cave  coverista di Kicking Against the Pricks. Si finisce con le due tracce più vecchie dell’intera raccolta raccolta, datate 30 novembre 1984 (non 1985, come dicono le note, un po’ caotiche, di Pat Thomas), con ancora Karl Precoda alla chitarra. Si capisce che con lui Out of the Grey sarebbe stato diverso. Ma non necessariamente migliore.

The Dream Syndicate - What Can I Say? No Regrets...
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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