The Felice Brothers esplorano la loro Valley of Abandoned Songs.
In tanti, nel corso degli ultimi decenni, hanno preso ispirazione dalla Band per creare il suono detto Americana. Ma solo i Felice Brothers degli esordi sono riusciti a sembrare calchi della Band tanto nella musica quanto nell’aspetto. Chi li incontrava al tempo del primo album Tonight at the Arizona li poteva facilmente immaginare come i prescelti di un casting per un film su Robbie Robertson e compagni.
Sono trascorsi 17 anni e i Felicini non hanno modificato troppo il loro suono rural-dylaniano ambientato in un mondo stralunato, poetico, a volte minaccioso. Se è vero che avrebbero potuto inventare di più, è altrettanto indiscutibile che la capacità melodica è sempre stata alta. Intanto della formazione originale sono rimasti solo Ian e James Felice, aiutati da Jesske Hume e Will Lawrence.
Storia e canzoni di Valley of Abandoned Songs
Il nuovo album si presenta bene e male. Bene perché Valley Of Abandoned Songs si candida a miglior titolo dell’anno, male perché trattandosi di outtakes da due differenti sessions datate 2018 e 2023 si poteva temere un livello qualitativo inferiore al conosciuto e un ascolto poco coeso. Qualche dubbio lo dà anche la copertina bruitista disegnata da Ian Felice, frontman del quartetto e pressochè unico compositore.
A inizio 2024 Ian decide di pubblicare quei pezzi solo online. Poi entra in scena il bravo amico e collega Conor Oberst che li ascolta, li trova eccellenti e ne incoraggia l’uscita anche fisica. La incoraggia al punto da creare per l’occasione un’etichetta discografica (non è la prima volta…) chiamata Million Stars.
E bisogna proprio dire grazie a Oberst perché la Valle delle Canzoni Abbandonate è un posto dove si sta proprio bene e dove si incontrano suggestivi punti panoramici. Ci sono spazi selvaggi, mentre qua e là si percepiscono accorti interventi umani. Vale a dire che qualche canzone è abbastanza rifinita mentre in un paio di occasioni è come se i nostri pensassero “e ora come la chiudiamo?”. Ma proprio questo approccio partecipe e rilassato, rustico e accogliente (che – guarda un po’ – riporta ai Basement Tapes dylaniani-bandiani) rende il disco affascinante e coinvolgente. Ancor di più quando il rassicurante humus roots rock e alt-country lascia crescere piante un po’ strane per arrangiamenti, testi o soluzioni melodiche. Parliamo di Crime Scene Queen, Tomorrow Is Just a Dream Away, Let Me Ride With The Horsemen, It’s Midnight And The Doves Are In Tears, succinti capolavori di folk obliquo e atemporale.
Tutto a posto in un bel posto, allora, anche se nel prossimo disco sarebbe bello se Ian e James prendessero qualche rischio in più, magari lasciando la bella valle per la temibile città.
Be the first to leave a review.