L’articolata arte degli The Hold Steady ritorna in Open Door Policy.

The Hold Steady sono un gruppo newyorkese in attività più di quindici anni, con un discreto seguito in patria e una piccola costellazione di dischi premiati della critica e dal pubblico. Una condizione che fatica un po’ ad attecchire fuori dagli Stati Uniti. Sono guidati da Craig Finn (faccia buffa e voce inversamente proporzionale) e propongono un interessante rock per adulti che sfugge a molte delle convenzioni del genere.
I brani del nuovo album Open Door Policy, piuttosto densi e complessi, seguono quasi sempre una narrazione fluida e incalzante piuttosto che ancorarsi alla comoda sfilata di strofa, ritornello, bridge e ritorno. La tensione musicale è esemplare, con arrangiamenti blindati che sostengono la struttura libera delle canzoni in modo convincente. Allo stesso modo salta all’occhio lo spessore dei testi. A questo proposito, Finn dichiara di ispirarsi a temi come il potere, la droga, il capitalismo e la tecnologia. Insomma, un’ambientazione del tutto adatta alla città da cui provengono The Hold Steady, New York (Brooklyn, per la precisione).
The Hold Steady: un’ispirazione ad ampio respiro
Appurato che la scaletta di Open Door Policy non è certo composta di canzonette, né per forma, né per sostanza, resta da dire quanto segue: la musica del gruppo, difficile da collocare con precisione, copre un ampio percorso, tra ispirazioni lontane come il primissimo, declamatorio Springsteen, certi periodi del Bowie più terreno e un certo post-rock alieno da virtuosismi strumentali, insomma, tanta roba.
Comunque sia, nelle foto che accompagnano il lancio di Open Door Policy i sei musicisti hanno tratti rilassati e sorridenti nonostante il periodo difficile, forse un po’ rischiarato dalla recente elezione di Joe Biden alla Casa Bianca. Il suono del disco è piacevolmente uniforme e monolitico, grazie alla calibrata produzione di Josh Kaufman, un produttore e polistrumentista che vanta collaborazioni con nomi di alto livello: la star Taylor Swift, i “rivali” The National, il supertrio acustico Bonny Light Horseman, Bob Weir, Lisa Hannigan e molti altri.
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