Il blues del lockdown
Questa è una recensione strana! Di un disco, ma anche di un concerto e, perché no, anche di una – in un certo senso – “manifestazione politica”. Tempi di lockdown, calamitosi per la musica dal vivo, dei quali non si vede per adesso la fine neppure nella cosiddetta fase 2. Musicisti che hanno visto non solo azzerate le loro entrate, ma anche messe in discussione le loro stesse scelte di vita. Molti hanno reagito con le cosiddette “dirette” online su Facebook o altre piattaforme social, magari chiedendo un piccolo contributo volontario; e sia chiaro che chi scrive la considera una scelta assolutamente legittima. Le ho ascoltate volentieri e nel mio piccolo ho anche cercato di dare una mano.
Questo disco testimonia invece una scelta che potrei perfino definire “militante”, di chi ha voluto dare una risposta diversa che, per quanto rispettosa delle regole “sanitarie” che ci sono state imposte per più di due mesi, ha voluto dimostrare che poteva essere percorsa anche un’altra strada. Certo più faticosa e meno ripetibile con le stesse frequenze, ma in ultima analisi più “rispettosa” del lavoro del musicista e, perché no, della sua funzione sociale.
The Lockdown Blues: più che un disco, un esperimento
Così il 1 maggio di quest’anno si sono ritrovati, opportunamente distanziati, sul palco nella sede della Lombardi Amplificazioni – e con limitato e ancor più distanziato pubblico – due vecchie volpi del blues italiano come Antonio Gramentieri (aka Don Antonio) alla chitarra e Vince Vallicelli alla batteria, coadiuvati da Roberto Villa al basso e Nicola Peruch alle tastiere, dando vita ad un vero e proprio live, cioè proprio quello di cui abbiamo sentito, sentiamo e – ahinoi, probabilmente ancora per chissà quanto – sentiremo la mancanza.
Il concerto, e ovviamente il disco che ne è testimone, si è snodato tra pezzi del disco solista di Don Antonio e altri da La Fevra (il disco solista con testi in romagnolo di Vallicelli), più un paio di pezzi originali nati per l’occasione – l’omonimo The Lockdown Blues e l’improvvisazione finale Quattro Mistico – più un bellissimo omaggio a Tom Petty con una toccante cover di Crawling Back To You. Chi conosce almeno un po’ la carriera e la produzione degli interpreti immagina abbastanza bene cosa lo aspetta: un blues meticcio tra delta del Mississippi e spiagge romagnole, tra spruzzi di desert rock e una frontiera tra Texas e Messico che fa capolino tra i varchi del muro che qualcuno vorrebbe erigervi.
Online non è la stessa cosa
Come era lecito attendersi conoscendo gli interpreti, il disco è quasi interamente strumentale, anche se la voce di Vallicelli conferisce a Al Mi Radis e a La Fevra un’atmosfera quasi “sulfurea” e Gramentieri canta Crawling Back To You con grande garbo e sensibilità. Alla fine il messaggio che emerge da tutto questo è piuttosto chiaro: la musica si difende mantenendo i suoi canali di diffusione e di fruizione “classici”, possibilmente senza piegarsi a modalità che, per quanto legittime e comprensibili, finiscono inevitabilmente per abbassarne la qualità, e quindi in ultima analisi la funzione anche sociale. Come la didattica online – nonostante tutta una serie di messaggi più o meno subliminali che si è cercato di far passare – non potrà mai sostituire quella in presenza, così le dirette facebook non possono essere che una risposta parziale e transitoria.
Un invito a procurarvi The Lockdown Blues
Il disco è registrato benissimo: merito senza dubbio dei leggendari amplificatori Lombardi, ma anche della masterizzazione di Roberto Villa nel suo studio L’Amor Mio Non Muore. È acquistabile su bandcamp in formato digitale, ma è possibile anche ordinarlo su cd, che tra l’altro viene recapitato, nonostante i tempi, con discreta celerità. Fatevi, e magari fate anche a qualcun altro, un bel regalo!
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