Recensione: The Mars Volta – The Mars Volta

Il ritorno tanto atteso dei The Mars Volta è finalmente arrivato.

L’uscita del nuovo omonimo The Mars Volta (Cloud Hills),  annunciato la scorsa primavera, ha sorpreso i molti fan, sia perché sono passati dieci anni da Noctourniquet, sia per il suono della prima anticipazione, Blacklight Shine, ben diverso da quanto fatto sentire in precedenza. Eppure, le radici del disco affondano in un passato lontano: a quanto pare nel 2008, quando Omar Rodríguez-López e Cedric Bixler-Zavala stavano registrando Cryptomnesia, la loro collaborazione con il batterista Zach Hill sotto il nome El Grupo Nuevo de Omar Rodriguez Lopez, il chitarrista aveva proposto di dare una svolta al suono prog-hard-free-rock dei The Mars Volta e virare verso qualcosa di più pop. Bixler-Zavala era rimasto piuttosto inorridito, e l’idea era stata accantonata. Con tutto che Noctourniquet, rispetto ai tre precedenti Amputechture, The Bedlam in Goliath, Octahedron, era sembrato già più malleabile.

Omar Rodríguez-López e Cedric Bixler-Zavala

Agli inizi dell’ultimo decennio, la storica amicizia fra il duo che aveva dato anima agli amati At the Drive In e poi ai The Mars Volta, aveva conosciuto brevi dissapori e uno iato. Per fortuna, la separazione non è durata tanto, e anzi il progetto pop di Omar Rodriguez Lopez era sembrato concretizzarsi nella nuova band Antemasque, mentre i due erano andati giù pesanti con un altro inatteso ritorno, quello degli At the Drive In con Inter alia. Poi il tour, poi ancora la pubblicazione di alcuni demos dei The Mars Volta, ed ecco adesso avverarsi il ritorno del duo in compagnia del fratello di Omar, Marcel, alle tastiere, di una vecchia conoscenza della band, la bassista Eva Gardner, e dell’eccellente batterista Willy Rodriguez Quiñones.

Breve confessione: ho comprato tutti i dischi dei The Mars Volta, ma nel cuore (come per molti fan, credo) mi sono rimasti soprattutto i primi due, il dirompente (che sorpresa nel 2003!) De-Loused in the Comatorium e poi Frances the Mute. Inutile però pensare a un improbabile ritorno alle origini. The Mars Volta è il disco pop (rock) che Omar Rodríguez-López voleva e questa volta Cedric Bixler-Zavala sembra essere perfettamente a suo agio: diciamo che non ha mai cantato così bene come qui.

Il nuovo disco fra cambiamenti e conferme

Le aspettative dei singoli ponevano la barra veramente alta. La già citata Blacklight Shine uscita a giugno, poi a luglio Graveyard Love e infine, il 5 agosto, la splendida Vigil. Come già detto molte volte, quella di far uscire così tante canzoni in anticipo non mi pare una buona politica, ma ormai è prassi comune. Quella che si notava e che il resto del disco conferma è l’ispirazione agli anni ’70: la band cita David Bowie, ma i King Crimson e gli Steely Dan degli esordi pure echeggiano, forse Tame Impala fra i contemporanei, il tutto senza dimenticare El Paso e le origini del duo. Non esageriamo però con i paragoni, perché a distanza di tanti anni dagli esordi hardcore, Omar e Cedric suonano anche e soprattutto come se stessi, e il timbro così particolare della voce aiuta a renderli inconfondibili.

Poi ci sono le differenze con il passato: Bixler-Zavala mette da parte titoli astrusi e trova nei testi una narratività più lineare, sebbene mantenendo lo stile astratto; scompaiono anche le tracce lunghissime e nel complesso The Mars Volta ha una durata complessiva giustissima di 45 minuti e solo due canzoni superano, e di poco, i quattro. Insomma, è pop.

Non tutto cambia, però. Molta della musica di Omar e Cedric nasce da situazioni tragiche. Anche qui, la traumatica esperienza di Bixler-Zavala e di sua moglie nella setta Scientology ispira alcuni dei testi, al pari del ricordo dell’amico Jeremy Michael Ward, co-fondatore del gruppo, scomparso tragicamente poco dopo la registrazione di DeLoused In The Comatorium (e il cui spirito guidava il successivo Frances the Mute): a lui è dedicata la splendida Palm Full Of Cruxes, forse il momento più profondo dell’intero disco.

Se la prima parte di The Mars Volta trova nei tre pezzi usciti precocemente i suoi momenti più alti, la seconda (dopo il breve tournant di Qué Dios Te Maldiga Mí Corazón) con l’appena citata Palm Full Of Cruxes, con la dolcezza di Tourmaline, con la veemenza di No Case Gain, fino al saliscendi conclusivo di The Requisition, conquista totalmente e fa scoprire qualcosa di nuovo ad ogni ascolto.

The Mars Volta: un disco da non perdere

Può darsi che i fan sfegatati dei The Mars Volta versione prog non saranno soddisfatti, ma in diverse interviste nel corso degli anni i due hanno dichiarato di amare i cambiamenti, e invitato il loro pubblico a seguirli o a passare tranquillamente ad altro senza rimpianti. In genere, invece, è difficile che al settimo disco in carriera una band possa sperare di conquistare nuovi fan. Ecco, con questo nuovo disco omonimo a me pare possibile, anzi auspicabile. Se finora le astrusità della band vi hanno tenuti lontani, è il momento di avvicinarli. The Mars Volta è, dall’inizio alla fine, un disco di rara bellezza, a tratti commovente. Provateci e poi chissà se, conquistati, ripartirete dall’inizio.

The Mars Volta – The Mars Volta
9 Voto Redattore
0 Voto Utenti (0 voti)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

print

Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.