Recensione Mountain Goats – Bleed Out

The Mountain Goats – Bleed Out: ennesimo disco del lockdown?

Il forzato periodo del lockdown è stato vissuto da tutti con un misto di insofferenza, noia, paura, piacere anche per certi versi; ognuno di noi lo ricorda come un periodo sospeso, in cui la dimensione tempo si annebbiava e sfumava (personalmente ancora non sono riuscito a capire se è stato un periodo lungo o meno).

John Darnielle, leader dei The Mountain Goats, racconta la bizzarra ispirazione dietro Bleed Out

A distanza di un paio di anni iniziano a venire pubblicate produzioni figlie di quel periodo, e ci rendiamo così conto che il lockdown ha operato una sorta di livellamento, più o meno democratico, e che ad esempio anche gli artisti musicali che amiamo e seguiamo ne sono stati vittime e prigionieri.

È il caso ad esempio dei The Mountain Goats, o meglio del loro leader, John Darnielle, il quale ha confessato di aver passato le serate e le nottate del periodo del lockdown immergendosi nella visione non stop di vecchi film polizieschi degli anni 70; Charles Bronson, Clint Estwood, Gene Hackman e compagnia, insomma, sparatorie, violenza urbana e, come testimoniato anche dalla (splendida, opera di John DeLucca) copertina dell’album, anche un occhio di riguardo al poliziottesco italiano, e quindi Enzo Castellari, Maurizio Merli, alfette verdi e passamontagna.

Nel corso della visione di questi film il leader dei The Mountain Goats ha confessato di aver interamente composto questo ultimo album, interrompendo la visione dei film quando giungeva l’ispirazione per buttare giù alla chitarra alcuni accenni di melodia.

Il risultato non delude

Il risultato di questo bizzarro modo di composizione è Bleed Out (Merge Records), un disco piacevole, energico e con parecchio ritmo, inaspettatamente allegro, nonostante i testi rimandino quasi totalmente alle tematiche di sangue e cordite proprie dei film ispiratori di Darnielle. Gli episodi che colpiscono di più sono l’inizio con il botto, con l’uno due implacabile di Training Montage e Mark On You, gli echi notturni di Bones Don’t Rust che rimandano al miglior Stan Ridgeway,  la dance urbana di Guys On Every Corner, la lunga cavalcata notturna e meravigliosa di Hostages, la chiusura da fumoso locale after hours della title track.

Un disco quindi ispirato, compatto senza essere monocorde, che ascolto dopo ascolto rileva piccoli particolari e una certosina cura dei dettagli, propria del songwriter di razza. E Darnielle e i suoi montoni di montagna appartengono a questa illustre e ristretta categoria. Bravi.

Recensione: Mountain Goats – Bleed Out
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Classe 1965, bolzanino di nascita, vive a Firenze dal 1985; è convinto che la migliore occupazione per l’uomo sia comprare ed ascoltare dischi; ritiene che Rolling Stones, Frank Zappa, Steely Dan, Miles Davis, Charlie Mingus e Thelonious Monk siano comunque ragioni sufficienti per vivere.

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