A breve distanza dal precedente, Cutouts è il terzo album dei The Smile, costola ‘avventurosa’ dei Radiohead.
Pubblicato a soli dieci mesi di distanza da Wall of Eyes e scritto e registrato nel corso delle medesime sessioni di registrazione, Cutouts, terzo album degli Smile (pubblicato da Primary Artists) potrebbe trarre in inganno un pubblico disattento e indurlo a credere che si tratti di una somma di scarti o di materiale scadente. Non è così.
Band nata da una costola dei Radiohead e composta dal lead singer Thom Yorke e dal geniale multistrumentista Jonny Greenwood, nonché dal batterista Tom Skinner, rubato al milieu jazz londinese, gli Smile rispondono soprattutto alle esigenze dei singoli componenti, desiderosi di allontanarsi dal marchio di fabbrica Radiohead per potersi immergere, senza complessi, in un universo fatto di nuovi suoni, sperimentazioni e avventure musicali. Tutte cose che, nonostante il background sofisticato del gruppo di Oxford, sarebbero difficilmente gestibili in assetto classico.
Cutouts, un disco all’insegna della varietà
I dieci titoli inclusi in Cutouts, che si avvale della consueta produzione di Sam Pett-Davies, non sono in molti casi delle novità assolute: alcune tracce erano state eseguite dal vivo nel corso della tournée 2021 – 2022, altre ancora includono frammenti di precedenti composizioni. È il caso, per esempio dell’iniziale Foreign Spies, che si sviluppa attorno allo scheletro di Horror Vacui, una composizione classica di Jonny Greenwood eseguita per la prima volta alla Royal Albert Hall di Londra nel 2019. Il risultato è una ballata elettronica dall’andamento vagamente ipnotico e dalla cadenza enigmatica sulla quale si innesta la voce in falsetto di Yorke. La seconda traccia, Instant Psalm, indubbiamente una delle più riuscite dell’album, è una splendida ballata nella quale gli archi della London Contemporary Orchestra si intrecciano alle venature della chitarra acustica fino a creare una melodia ricca e avvolgente, ancora una percorsa dalla voce di Yorke. Ben diversa l’atmosfera che si respira con Zero Sum e Color Fly: nel primo caso ci troviamo di fronte a un pezzo veloce e ballabile dalle cadenze vagamente punk, nel secondo caso siamo immersi in una trama musicale che si sviluppa tutta in crescendo, vagamente orientaleggiante e ipnotica con sussulti elettronici. Primo estratto dell’album, Don’t Get Me Started è un pezzo decisamente elettronico, dall’andamento non lineare, con venature jazzate a renderlo ancora più oscuro ed enigmatico. Tuttavia, non si tratta, a mio avviso, del momento migliore dell’album.
Più interessanti risultano le canzoni poste in chiusura, a partire da The Slip, con il suo ritmo martellante o No Words, una sorta di invettiva contro le storture social, fino a Body Laughing, con il suo magnifico gioco di chitarre a fare da controcanto al falsetto di Yorke.
Nel complesso un album molto riuscito e di grande bellezza, che si lascia ascoltare con piacere per tutti e 44 minuti di durata, grazie anche alla forte non omogeneità delle tracce incluse.
Una bella sorpresa.
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