The Waterboys rendono omaggio al coprotagonista di Easy Rider con Life, Death and Dennis Hopper.
La figura di Dennis Hopper racchiude l’intera simbologia iconica e comportamentale di un’America, quella degli anni Sessanta, che oggi vive solo nei ricordi di chi ne ha subito il fascino prepotente e non allineato. Mike Scott, brillante e inquieto leader dei Waterboys, appartiene a una generazione che quell’ondata salvifica di trasgressione e di inarrestabili spinte libertarie l’ha vissuta a posteriori, grazie al cinema, alla letteratura e alla musica. Mike Scott non è solo il leader, l’autore, nonché l’elemento più stabile e creativo della splendida band scozzese. Nella sua voce ruvida è racchiusa l’anima, la sensibilità poetica e la verve comunicativa di un gruppo che, nonostante le pause nella produzione discografica e i mutamenti repentini della line-up, resta tra i più suggestivi degli ultimi decenni.
Un disco ricco di ospiti
Life, Death and Dennis Hopper, ricco di ospiti illustri, è un omaggio profondamente sentito dei Waterboys all’appassionato di musica e fotografia Dennis Hopper. Ed è anche un atto d’amore e di rimpianto per un sogno di libertà inesorabilmente perduto. Nei venticinque (ebbene sì…venticinque!) brani dell’album sono racchiusi i momenti più significativi, ciascuno dei quali è ben documentato nel booklet che accompagna l’album, della vita ostinatamente contraria e a tratti autodistruttiva di un personaggio chiave della controcultura americana.
Le short stories di Life, Death and Dennis Hopper cantate dai Waterboys
Tra ballate, suggestioni folk e le fulminee bordate rock di Hopper on The Top, Mike Scott scrive una serie di “short stories” che narrano la vita dell’indimenticabile protagonista di Easy Rider.
Kansas, una ballata di grande suggestione cantata da Steve Earle, evoca un episodio significato dell’infanzia di Dennis, cosi come Hollywood ‘55 e Live in The Moment, Baby evidenziano il forte impatto che la figura di James Dean ha esercitato nella carriera di Hopper. Fiona Apple infonde ulteriore suggestione alla bella Letter from An Unknown Girlfriend e la “spoken voice” di Ten Years Gone (amaro presagio di una deriva esistenziale ormai imminente) è quella di Bruce Springsteen). Life, Death and Dennis Hopper, pur nelle sporadiche imperfezioni, è un lavoro che trasuda onestà, impegno e passione e come tale merita apprezzamento e ammirazione.
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