The Weeknd a una svolta cruciale: Hurry Up Tomorrow.
Hurry Up Tomorrow segna un momento cruciale nella carriera di The Weeknd: il suo sesto album in studio chiude la trilogia iniziata con After Hours nel 2020 e proseguita con Dawn FM nel 2022. Potrebbe anche essere l’ultimo lavoro pubblicato da Abel Tesfaye come The Weeknd, ma qui tutto si fa più nebuloso. In più interviste, Tesfaye ha lasciato intendere che il personaggio che ha costruito per oltre un decennio è ormai arrivato alla sua conclusione. Comunque, la title track che chiude Hurry Up Tomorrow termina con le note iniziali di High For This, il pezzo che apriva House of Balloons (2011), primo disco della trilogia d’esordio di The Weeknd. Il cerchio insomma si chiude.
Gli ospiti e la produzione
È un disco insolitamente lungo, Hurry Up Tomorrow, per gli standard di The Weeknd: si viaggia verso gli 85 minuti, che non sono mai pochi, ma il disco è molto vario e non annoia. Fra gli ospiti si contano nomi di peso come Playboi Carti, Travis Scott, Future, Lana Del Rey, Florence and the Machine, sebbene non sempre facilmente riconoscibili; e anche la produzione si distingue ripescando Moroder (riverito da Abel), Daniel Lopatin, Justice, Mike Dean, Metro Boomin, Pharrell, gli svedesi Oscar Holter e Max Martin (che l’avevano assistito per il mega successo Blinding Lights).
L’omaggio più significativo lo ascoltiamo però subito in apertura, con Wake Me Up, che incorpora un sample di Thriller, ovviamente di Michael Jackson, grande passione e faro della musica di The Weeknd.
Un’opera ambiziosa, lunga e complessa
Fin dall’inizio della sua creazione, Hurry Up Tomorrow si è rivelato un’opera ambiziosa. La sua gestazione è stata lunga e travagliata. Parallelamente all’album, un film dallo stesso titolo (ma non sappiamo in quale rapporto: dovrebbe essere un thriller, non un’autobiografia), diretto da Trey Edward Shults e interpretato dallo stesso Tesfaye insieme a Jenna Ortega e Barry Keoghan, arriverà nelle sale a maggio – almeno pare.
L’uscita dell’album è stata anticipata da una campagna promozionale estesa e stratificata, che ha coinvolto diversi mezzi e formati. A partire dalle enigmatiche anticipazioni sui social, passando per concerti esclusivi, tra cui l’evento speciale a San Paolo il 7 settembre 2024, fino ai singoli Timeless, São Paulo e Cry for Me, tutto ha contribuito a costruire l’attesa per una delle star commercialmente più rilevanti di questi anni.
Il nichilismo di Abel Tesfaye
All I have is my legacy / I been losing my memory / No afterlife, no other side / I’m all alone when it fades to black: The Weeknd ci ha abituati a testi straordinariamente cupi per un artista che gravita nell’ambito del pop (come dimenticare Gasoline?), e così canta nel brano d’apertura Wake Me Up. I don’t wanna make it past thirty-four / And when the curtains call, I hope you mourn / But if you don’t, I hope you enjoy the fuckin’ show / Let me know, let me know, baby: così chiude Enjoy The Show, una previsione sinistra visto che tra un paio di settimane Abel ne compie 35. Vero è che in estate partirà un tour negli stadi e dunque si spera che sia la ‘solita’ patina nichilista dei suoi testi. Fame is a disease, dichiara in The Abyss, mentre le atmosfere anni 80 si fanno onnipresenti, e insieme ai sintetizzatori rinviano a un immaginario molto cinematografico, non lontano da John Carpenter. C’è tuttavia spazio anche per l’hip-hop (Timeless), passione dell’Abel degli esordi poi un po’ accantonata.
The Weeknd – Hurry Up Tomorrow: è davvero la fine?
Ci sono rimandi interni, come il breve intermezzo (non è l’unico) I Can’t Fucking Sing nel quale rinvia a un concerto nel quale perse la voce, tema poi ripreso per una riflessione più ampia in Take Me Back To LA. Rispetto ai dischi precedenti della trilogia, la musica si prende qualche pausa in più, è meno apertamente mainstream. Si ascolti Given Up On Me, che si apre con un sample di Wild Is The Wind versione Nina Simone, per poi proseguire come una ballata pianistica alternata a momenti trap. Per quanto strana, è anche riuscita. Per non parlare di São Paolo, peculiare anche nel video.
Altri momenti sono più immediatamente godibili. Su tutti l’intensa ballata Baptized In Fear che dà luogo senza soluzione di continuità a Open Hearts, incalzante con il basso di Max Martin in primo piano, in un crescendo dance irresistibile.
Con un disco così lungo ci vorrà tempo per digerire tutto, soprattutto perché Hurry Up Tomorrow si apre a qualche sperimentazione in più, senza ovviamente lasciare da parte lo sguardo alla classifica, infatti già raggiunta. Se Hurry Up Tomorrow chiude davvero l’avventura The Weeknd, Abel Tesfaye saluta con uno dei suoi dischi migliori.
Be the first to leave a review.