Il quarto disco dei These New Puritans è bello, ma…
Dopo l’esordio in chiave post-wave di Beat Pyramid These New Puritans erano piaciuti moltissimo nel 2010 con il secondo album Hidden: elettronica, fiati, spade sguainate e percussioni sinistre per un disco che trovava un equilibrio affascinante tra pensiero e istinto. Ad aumentare l’interesse contribuiva il fatto che i gemelli Jack (frontman) e George Barnett (percussionista e fotomodello) fossero ancora giovanissimi e promettessero sfracelli. Anche per merito della batteria suonata con le catene…
Tre anni dopo, la svolta orchestral-ambient di Field of Reeds era stata forse più ammirata (per il coraggio del cambiamento) che amata, con la consapevolezza che il pensiero stesse ora prevalendo, abbastanza nettamente, sull’istinto.
L’attesa per Inside the Rose
Inside the Rose era dunque atteso con curiosità e, ammettiamolo, con la speranza di un ritorno al passato. Un ritorno che non c’è stato, visto che il disco rielabora le idee di Field of Reeds con un gusto più accentuato per la grandeur sonica (si ascolti la voce lirica di Beyond Black Suns). C’è anche maggiore spazio per percussioni ricche di sfumature e per tonalità oscure in sintonia che le passioni esoteriche dei Barnett.
I These New Puritans e il qualcosa che manca
L’iniziale Infinity Vibraphones mantiene ciò che promette il titolo ed è suadente e minacciosa insieme. Una cosa degna di Japan e Talk Talk ma più marziale. Peccato che il resto dell’album si mantenga sempre un guizzo sotto la grandezza. La sensazione è che ritmi, melodie, sentimenti siano tanto belli quanto trattenuti. L’unica eccezione è la trasognata-desolata Where The Trees Are On Fire, anch’essa perfetta nel veicolare l’immagine che la intitola. Forse il problema è, ancora una volta, l’eccessiva elaborazione dei contenuti a scapito della spontaneità. Into The Fire (con il cameo vocale di David Tibet dei Current 93) potrebbe ricordare la possente We Want War (brano-guida di Hidden) e invece suona irrisolta per eccesso di eleganza. Allo stesso modo A-R-P promette molto con il suo inizio che rimbalza tra Philip Glass e Brian Eno, tra serialità e astrazione per poi perdersi in un cantato più svaporato che vaporoso. Per tentare una sintesi: ci sono fremiti e inquietudini che però non si trasformano in gesti e sentimenti davvero compiuti.
Alla fine Inside the Rose va considerato, in sé e per sé, disco di indiscutibile pregio che però avrebbe potuto essere ben altro: il capolavoro dei These New Puritans.
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