Recensione: Van Morrison – Three Chords And The Truth

Three Chords And The Truth. La frase, attribuita al musicista americano Harlan Howard, si riferisce alla genuina semplicità della musica country degli anni Cinquanta. I rituali rassicuranti della vita quotidiana, le passioni giovanili, le inevitabili disillusioni: in una parola la verità racchiusa in una manciata di accordi.

Van Morrison, carattere spigoloso e attivismo inesauribile, pubblica il quinto album in poco più di due anni.  Se i precedenti erano  piacevoli ma non troppo emozionanti, Three Chords And The Truth brilla di un’intensità tutta sua.

Van “The Man” attinge al suo immenso patrimonio musicale e lo riversa con giovanile energia in un album disseminato di sonorità folk e rhythm’n’blues. Accompagnato da un collaboratore “storico” quale Jay Berlin (la sua chitarra eccelleva già nel capolavoro Astral Weeks) e da altri musicisti di talento,  Morrison incanta soprattutto per la smagliante, immutata intensità della sua voce. Da questo punto di vista (vocale e interpretativo) , Three Chords and The Truth offre momenti di autentica eccellenza.

Anche la qualità compositiva rifulge come da moltissimo tempo non accadeva. L’ascolto delle belle e sofferte Dark Night of the Soul e You Don’t Understand o della ballata Blues Bags Under My Eyes permette di cogliere quella genialità, mai del tutto sopita anche nei momenti meno felici, a cui Van Morrison ci ha abituati nel corso della sua lunga e memorabile carriera. Da segnalare anche la deliziosa Fame Will Eat The Soul che vede un brillante duetto vocale tra Van Morrison e Bill Medley dei Righteous Brothers. L’organo Hammond in primo piano, la chitarra acustica che ogni tanto riporta proprio ad Astral Weeks (roba da commuoversi) e la fluidità degli arrangiamenti rendono il disco davvero coinvolgente.

Il burbero Van Marrison, 74 anni e un ruolo decisivo nella storia della musica degli ultimi decenni, ha ancora molte cose da dire.