Can't Seem To Come Down - The American Sounds of 1968

Can’t Seem To Come Down: The American Sounds Of 1968. La musica di un anno più difficile che mitico.

Più o meno un anno fa usciva March Of The Flower Children: The American Sounds Of 1967. Il compilatore di quell’antologia, l’inglese David Wells, dev’essere rimasto chiuso nella sua bolla spazio-temporale perché adesso arriva Can’t Seem To Come Down: The American Sounds Of 1968.

Una storia in ordine cronologico

Anche stavolta abbiamo tre cd (per 79 pezzi) ordinati cronologicamente con libretto ricco di informazioni. Anche stavolta si va dai celeberrimi autori di dischi-caposaldo agli oscurissimi con un paio di singoli ascoltati solo dai vicini di garage. Il termine non è usato a caso, perché il ruvido garage sound, che aveva pervaso il biennio 1966-67, è ancora ben presente, specie quando si lasciano i grandi centri di cambiamento e ci si addentra in provincia. Il suono dominante è però la psichedelia piena di buona volontà sballato-pacifista, anche se a poco a  poco  – fino a diventare dominante nel terzo cd  – s’insinua un suono più nervoso, arrabbiato, anfetaminico (si ascolti la cover di I Want To Hold Your Hand dei Moving Sidewalks). Non dimentichiamo che per gli Stati Uniti il 1968 è ben poco all’insegna dell’immaginazione al potere e altri slogan vitalisti come in Europa. Ci sono gli omicidi di Martin Luther King (con le successive rivolte in molte parti del paese) e di Robert Kennedy e c’è il disastro della Convention democratica di Chicago. Per non parlare del sempre crescente numero di bare coperte dal drappo a stelle e strisce di ritorno dal Vietnam; una tragedia bellica a cui fa cenno Draft Morning dei Byrds (mentre, per il resto, non c’è traccia di ‘politica’, evidentemente lasciata al folk di Phil Ochs e Joan Baez)

Suoni e spirito di Can’t Seem To Come Down

Detto tutto questo, e detto che il lavoro di ricerca è davvero impressionante, va aggiunto che i cd scorrono con grande piacevolezza, anche se i  nomi di pubblico dominio sono una decina soltanto. Da notare che mentre Bob Dylan, Spirit, The Band e Velvet Underground figurano con titoli noti, per i Grateful Dead è stata scelta la quasi sconosciuta versione a 45 giri (e in studio) di Dark Star, loro massimo e superdilatato classico live, mentre Laughing Stock dei Love è l’ironica istantanea di un gruppo in piena crisi. Poi occorre ricordare  i personaggi di una qualche notorietà che meriterebbero un approfondimento come Del Shannon e i Monkees (entrambi in cerca di vie di fuga dalla trappola pop), i Left Banke, i Free Design  o i Wind In The Willows della giovane Debbie Harry. Infine ci sono le sorprese che balzano dal buio dove sono rimaste per 56 anni, con nota di merito per la delirante e trascinante Mr. Tripp Wouldn’t Listen dei The Little Boy Blues e per l’allupata Can’t Seem To Come Down dei Mother’s Worry che intitola la raccolta.

Il 1968 e quel che verrà

È musica bella, volonterosa e piena di speranza quella che si ascolta in questo cofanetto, musica da ascoltare con affetto nonostante o anche per la sua ingenuità (su cui ironizza il saccente Frank Zappa di Who Needs The Peace Corps) e per la cupezza che su di essa incombe. Il 5 novembre del 1968 viene eletto presidente degli Stati Uniti Richard Nixon e da lì tutto andrà sempre peggio. Woodstock inclusa.

Ma questo sarà l’argomento del prossimo cofanetto, sempre che David Wells voglia restare nella sua bolla.

Various Artists - Can't Seem To Come Down: The American Sounds Of 1968
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Nello scorso secolo e in parte di questo ha collaborato con Rockerilla, Musica!, XL e Mucchio Selvaggio. Ha tradotto per Giunti i testi di Nick Cave, Nick Drake, Tom Waits, U2 e altri. E' stato autore di monografie dedicate a Oasis, PJ Harvey e Cranberries e del volume "Folk inglese e musica celtica". In epoca più recente ha curato con John Vignola la riedizione in cd degli album di Rino Gaetano e ha scritto saggi su calcio e musica rock. E' presidente della giuria del Premio Piero Ciampi. Il resto se lo è dimenticato.

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