Conor O’Brien / Villagers ritorna con That Golden Time.
Una citazione di Friedrich Nietzsche, da “Al di là del bene e del male”, appare, in esergo, nel libretto del nuovo disco di Conor O’Brien / Villagers, That Golden Time, proprio prima dei testi e delle note. Nel lungo estratto il filosofo tedesco cita la necessità d’indipendenza, la costrizione nei rapporti umani, sentimentali e politici. Le canzoni affrontano in gran parte situazioni simili e comunque non si discostano molto dalla cifra stilistica del cantautore irlandese. Una discografia dalla quale si staglia l’intenso Darling Arithmetic (2015) confermato dal seguente Where Have You Been All My Life?, un asciutto compendio di session dal vivo dello stesso periodo.
Un disco più tradizionale dei precedenti
Con That Golden Time (Domino Records), Villagers torna ad arrangiamenti più tradizionali, senza l’esuberante elettronica che caratterizzava gli ultimi due dischi: The Art Of Pretending To Swim (2018) e Fever Dreams (2021). Rimane l’uso intensivo di batterie e tastiere ‘’sintetiche’’, visto che l’elenco dei musicisti consta solo dei numerosi ospiti, tra cui spicca il decano del folk irlandese, Dónal Lunny, al bouzouki. La selezione non è brillantissima, e i testi un pochino pessimisti e contorti. Non aiuta neanche la performance vocale, quasi sedata, di Conor O’Brien, che sembra assecondare i temi sconsolati delle canzoni, rivelando forse un difficile momento della propria vita.
I momenti migliori
Dalla scaletta si elevano la title-track, un brano finalmente arioso, che evoca persino atmosfere floydiane, e i due brani finali.
Prima troviamo Behind That Curtain, un’amara metafora che contrappone i meccanismi teatrali agli ostacoli della vita, brano che si chiude in un misterioso caos rumoristico. Chiude il disco la dolceamara Money On The Mind, canzone suadente e caustica, impreziosita dalla voce di una cantante d’opera. Come nell’ultimo Iron & Wine, anche quest’opera si avvale di arrangiamenti orchestrali (dello stesso O’Brien), ma con assai meno efficacia. That Golden Time, insomma, sembra chiudere un periodo transitorio ed esplorativo, nascondendo, probabilmente, una piccola stasi creativa.
Be the first to leave a review.