Il mio estremo sforzo levo a voi, Signora, il canto mio.

Ogni nuova uscita di Vinicio Capossela si attende sempre con sentimenti misti e molto eterogenei, spesso contrapposti. Una mescolanza di attesa, di dubbio, di curiosità, di timore. Mi spiego meglio. Vinicio ci ha abituati a un processo di ricerca molto ampio e di sperimentazione – nei suoni, negli arrangiamenti e nei testi – che ha bisogno di tempi lunghi prima di essere del tutto assimilato. Tale processo, come è ovvio, lascia sempre incerti e insicuri. E se stavolta Vinicio si fosse spinto troppo oltre? E se la sua idea di canzone stavolta fosse troppo lontana, troppo astratta, troppo diversa?
Vinicio Capossela – Ballate Per Uomini E Bestie
Questi sono stati i miei pensieri, a dirla in breve, alla notizia del nuovo lavoro, dal momento in cui ho letto il titolo, Ballate Per Uomini E Bestie. Ballata: non quella classica, la ballad del rock, che pure Vinicio ha saputo rendere al meglio e riadattare alla sua poetica (si pensi solo a Scivola Vai Via, Ultimo Amore o, più di recente, a Signora Luna o Dimmi Tiresia), ma la ballata della letteratura, quella inventata in quel Medioevo, oggi malamente utilizzato per rivestire le tenebre e il buio di questa nostra epoca. Ma questa è un’altra storia. Certo non è un caso che questo sia l’album più impegnato di Vinicio. Che quel Medioevo pare conoscerlo bene, se pesca a piene mani nella tradizione letteraria cha dai bestiari arriva alle raccolte di exempla e che affida l’epilogo, sulla busta del vinile, a Richart de Fornival. Alla fine, vince su tutti il piacere e la gioia dell’ascolto.
Un nuovo tassello nel percorso di Vinicio Capossela
Ballate Per Uomini E Bestie è un altro tassello di quell’enorme immaginario caposseliano, che passa da Fante ai bar sulle statali, alla valle dell’Ofanto, da Ulisse a Billy Budd, da Amburgo ai Murazzi, da Coleridge a Wilde e a Keats, dal rebetiko al tango, da Anderson, a Bukowski a Waits. È un immaginario in cui perdersi è facilissimo e forse è questo che interessa Vinicio. Perché il perdersi, alla fine, ci rimette sulla giusta via. E queste ballate vogliono mostrarci, oggi, cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Come quasi tutta la sua ultima produzione, non è un album semplice. Bisogna ascoltarlo, sentire le parole, sceltissime, incise non solo nei solchi del disco, parole che divengono onomatopeiche, quasi che Vinicio, nel suo laboratorio creativo, le abbia forgiate insieme a quei suoni talvolta aspri, altre volte sognanti, altre ancora antichi. Perché Vinicio è grande cantastorie, ma è anche fabbro, scultore, cesellatore finissimo. L’ultimo vero artigiano che non ha paura di sporcarsi le mani. Unico, nell’ormai sterile e artefatto panorama musicale italiano.
Chi collabora con Vinicio Capossela su Ballate Per Uomini E Bestie
Con lui, oltre ai suoi fidatissimi, troviamo, tra gli altri, Massimo Zamboni, Teho Teardo, Marc Ribot, Daniele Sepe, Jim White, che raccontano e suonano di Uro e di Lascaux, del sogno cancellato di Riace e di Mimmo Lucano, di maiali che diventano porci, di carcere, di lupi mannari e di giraffe. Di fate e di santi. Di Tiziana Cantone e della Peste, che «non risparmia papi e reggenti, sovrani e presidenti, la governance mondiale, il popolo brutale». Nessuno escluso. «Ho iniziato a scrivere queste canzoni studiando cose che mi davano rifugio mentre avevo la sensazione che tutto intorno ci fosse la peste. Ma poi ho finito per scrivere di quella stessa peste da cui cercavo riparo».
In conclusione…
Ha percorso molte strade, Vinicio, in quasi trent’anni di musica e non solo di musica. E col camminare si è ormai affrancato da quelli che sono stati i suoi mentori, i suoi miti e che forse sono diventati anche i suoi fantasmi. Viaggia libero. Perché anche lui, come l’amico Vincenzo Cinaski, sa che «solo chi ha paura della libertà ha il coraggio di inseguirla».
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