Working Men’s Club: un esordio convenzionale ma dirompente.
Il debutto dei Working Men’s Club non rappresenta certo un’innovazione che irrompe sulla scena musicale d’oltremanica. L’idea parte dalla mente di un giovane e talentuoso musicista cresciuto nelle campagne di Manchester, Sydney Minsky-Sargeant, che si era già fatto notare lo scorso anno con un ottimo singolo: Bad Blood. Nel 2020 l’incontro con Ross Orton, produttore di chiara fama, conosciuto per le sue illustri collaborazioni (Arctic Monkeys, M.I.A., Tricky e altri) ha dato forma a un progetto decisamente interessante.
Partiamo con una premessa. E’ scontato quanto si possa essere severi nei giudizi di fronte a dischi che ci ricordano generi che non abbiamo mai amato e totalmente benevoli nel caso contrario. In questo caso chi, negli ultimi quarant’anni, ha seguito con devozione artisti tipo Talking Heads, Human League, New Order, LCD Sound System e simili, può doverosamente sentirsi chiamato in causa e pontificare.
Tra dance, elettronica e post-punk: un sound “bittersweet”.
Tra le dieci tracce inedite che compongono l’album in questione troviamo un eccellente mixtape di generi che continuano a sopravvivere più che decorosamente. Dal cazzeggio disimpegnato di una “dance colta” alle chitarre ossessive di byrneiana memoria all’onnipresente post-punk con cui parecchie nuove band si ritrovano a fare i conti, Working Men’s Club è l’annuale compendio di uno stato dell’arte. L’atmosfera spazia tra cupori dark e lampi di allegria elettrica, il tutto suonato e arrangiato alla perfezione e, vista la giovane età del titolare del progetto, di più non si può chiedere.
Le canzoni dei Working Men’s Club: dai rave al dancefloor con un salto nel “club”
Si parte con Valleys, un avvio che suona come il momento migliore di un allucinato rave in un capannone di campagna, oltre ad essere uno dei momenti migliori di Working Men’s Club.
https://youtu.be/pzkfcLzUYYg
Si prosegue con una sequenza inarrestabile di brani che sprigionano energia giovanile che ridà smalto a un genere che tanto giovane più non è. Ed ecco quindi White Room And People, su cui aleggia il fantasma dei Talking Heads, per arrivare a Be My Guest, e qui non ci resta che sbizzarrirci con la fantasia (il ritornello ha le stesse note di Fade To Grey dei Visage). Tomorrow e Cook A Coffee sono due ottimi pezzi di passaggio per arrivare al primo singolo Teeth. Il brano in questione riprende le atmosfere di Valleys lasciando quindi chiaramente capire dove i nostri riescono meglio. La voce di Minsky-Sargeant, paragonata per lo stile interpretativo addirittura a Grace Jones e a Jarvis Cocker, al momento si limita ad intervenire con parsimonia lasciando più spazio alla parte musicale, vero pezzo forte del disco. I ragazzi non potevano esordire meglio! Ora ci aspettiamo una seconda prova, in cui anche le “canzoni” abbiano una struttura più compiuta, prima di dichiarare che è nata una nuova stella.
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