Dall’Australia con furore: The Drones – I See Seaweed.
A casa loro, in Australia, The Drones sono un piccolo mito: l’ottimo sito rock Mess + Noise scrive ad esempio cose come “non sappiamo più trovare cose originali da dire su di loro”. Noi, dall’altra parte del mondo, non abbiamo di questi problemi, visto che il gruppo guidato dal messianico-nevrotico Gareth Liddiard non se l’è mai filato quasi nessuno.
Una formazione aggiornata
Il quinto album I See Seaweed arriva a cinque anni dal precedente Havilah e con un quinto componente (il tastierista Steve Hesketh) a rinforzare la formazione. Questa sequenza di cinque ha regalato, sempre secondo Mess + Noise, un lavoro persino migliore dei precedenti. Forse è vero o forse no: la formazione di Perth si è sempre espressa ad alto livello e ancora una volta le canzoni proposte sono pietre del deserto australiano coperte di una polvere che all’inizio le fa sembrare simili una all’altra, saghe sonore a tratti quasi amelodiche che poi si aprono in lunghe e distorte chiuse strumentali (per dare qualche termine di riferimento si può pensare ai primi Crime & the City Solution, ai Gallon Drunk e agli Okkervill River).
I See Seaweed non è il disco migliore dei The Drones, ma il livello è alto
Il bravo ascoltatore dovrà darsi la pena di ripulire queste pietre per trovarvi una bellezza scabra come la voce di Liddiard e per assimilare i suoi non semplici testi in equilibrio fra onirico, dolente e sarcastico. Per essere davvero il miglior disco dei The Drones dovrebbe contenere almeno una di quelle terrificanti storie dell’Ottocento australiano che abbellivano (si fa per dire) Gala Mill del 2006, ma anche così I See Seaweed, propone un fascinoso distillato di ‘angoscia costruttiva’: sì perché alla fine queste canzoni, non si sa come, tonificano.
8/10
PS L’album è uscito in aprile, ma poiché questo sito predilige i supporti ‘fisici’ a quelli impalpabili, è stato possibile recensirlo solo ora dopo lunghissima trafila postale Australia-Italia. Si spera che prima o poi qualcuno si decida a distribuirlo anche dalle nostre parti, come è accaduto di recente per un altro notevole titolo ‘aussie’, Hard Rubbish dei Lower Plenty.