di Marina Montesano
Ormai li conoscono tutti: gli Strypes sono quattro adolescenti irlandesi; suonano con competenza tecnica rara e grande foga un pub-rock che alterna covers a originali scritti sulla falsariga delle prime. Rispetto alle bands (Chesterfield Kings, Fuzztones, Tell-Tale Hearts tra le tante) che emersero nella prima metà degli anni ’80, non cercano oscure composizioni garage dei Sixties, ma suonano classici quali You Can’t Judge A Book By The Cover, I’m A Hog For You Baby e CC Rider. D’altra parte, se i giovani del revival degli ‘80s attingevano a discografie che appartenevano, almeno anagraficamente, ai loro genitori, con gli Strypes si tratta di musica di oltre cinquant’anni fa, insomma arcaica e dunque affascinante anche senza bisogno di andare a cercare rarità. Soprattutto quando si è in grado di suonare come delle star all’età di sedici anni. Detto questo, da una parte è evidente che arrivare più tardi all’incisione avrebbe giovato agli Strypes, dall’altra è chiaro che, ormai su tutte le pagine dei giornali britannici da oltre un anno, l’incisione non era rimandabile. Quindi va presa per quello che è: uno showcase delle capacità di questi ragazzi, nonché della loro immaturità compositiva; non perché brani come Hometown Girls o Blue Collar Jane non siano carini, bensì perché niente possono togliere o aggiungere a quanto già detto in questo ambito. Forse il recente tour di spalla agli Stone Roses e soprattutto il prossimo in apertura agli Arctic Monkeys mostreranno loro una strada per maturare, pur restando ancorati alla matrice blues-rock che evidentemente amano; o forse gli basterà vivere qualche anno e avere esperienze personali di cui scrivere.
7/10
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The Strypes – Hometown Girls