Tinariwen Elwan RecensioneAnti / Epitaph - 2017

Tinariwen – Elwan

Tinariwen Elwan Recensione
Anti / Epitaph – 2017

Il nuovo disco dei Tinariwen, Elwan, sintetizza quanto di meglio la band ha proposto sinora. E non mancano le novità.

La “sorpresa” Tinariwen

Confesso che fino a un paio di mesi fa dei Tinariwen ignoravo anche l’esistenza. Di averli ascoltati poi, neanche a parlarne! Incuriosito dalle notizie che filtravano sul loro recente tour italiano, mi sono deciso a procurarmi il loro ultimo, recentissimo, disco. E non me ne sono affatto pentito! Continuo per il momento ad ignorare la loro produzione precedente (7 album in totale nell’arco di una quindicina d’anni) e quindi non so dire a che punto sia giunta la loro parabola artistica. Ma certo questo ultimo disco si presenta come un prodotto maturo.

https://www.youtube.com/watch?v=vACZA9dGvV4

Musica africana e musica occidentale

Fino ad oggi gli incontri con la musica dell’Africa subsahariana erano avvenuti soprattutto per iniziativa di musicisti occidentali. Basti pensare al bellissimo Talkin’ Timbuktu di Ry Cooder e Ali Farka Touré nell’ormai lontano 1994. O, in anni più recenti, ai dischi registrati in Mali insieme a musicisti locali dal trio dei Dirtmusic (Hugo Race, Chris Eckman e Chris Brokaw). E anche questo disco si avvale della collaborazione di Mark Lanegan. Però qui assistiamo al percorso inverso, cioè a musicisti africani che rileggono le loro radici tuareg contaminandole con altre musiche africane, come il rai algerino, e non solo: alcuni riff chitarristici odorano persino di flamenco.  Ma soprattutto con quella sorta di vero e proprio linguaggio universale che è il blues.

I testi e i suoni di Elwan

I testi, fortunatamente anche tradotti in inglese,  cantano la vita nomade e il rapporto col proprio ambiente naturale. Ma anche i valori dell’amicizia e il confronto con gli altri esseri umani che quell’ambiente popolano. Tuttavia sono nella musica e nel canto i maggiori punti di forza dei Tinariwen. Il tamasheq, la lingua tuareg, si rivela privo delle gutturalità tipiche dell’arabo e molto “musicale”. Il canto è spesso corale, il che  conferisce ai singoli pezzi una dimensione epica. La musica poggia su poliritmie ipnotiche e ossessive tipicamente africane e su un suono essenziale e “sporco”, pur se non privo di qualche apporto elettronico. La sensazione prevalente è quella di un suono “riverberato” che accentua ancor di più quei caratteri di ipnotica ossessività di cui sopra.

Il blues dei Tinariwen

Si tratta di caratteristiche, per quel poco che ne sappiamo, abbastanza tipiche delle musiche africane; ma qui c’è, a nostro avviso, di più. C’è una fortissima accentuazione di quella che è per noi occidentali la musica nera per eccellenza e una chiara rivendicazione dell’origine africana del blues. In un certo senso, potremmo dire che con questo disco i Tinariwen sono andati a riprendersi il blues sull’altra sponda dell’oceano e lo hanno riportato dove è nato. Bringing it all back home!

Tinariwen – Elwan
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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