di Raimondo Bignardi
Di dischi come questo ne escono cento al mese: bella voce femminile, accompagnamento di una chitarra e poco più, atmosfere dolci e malinconiche. Questo cliché mi ha un po’ stancato, quindi ascolto con estrema riluttanza e, devo ammettere, con una certa superficialità le nuove proposte di questo genere.
Brightly Painted One invece supera subito la prova più importante: quando finisce ho voglia di risuonarlo dal principio. È diverso dagli altri, pur avendone gli stessi requisiti: ha più carattere, le melodie e gli arrangiamenti sono minimali ma molto ricercati, il modo di cantare che sembra un po’ jazzato ma non lo è (colpa del contrabbasso e delle spazzole) è perfetto. Volendo porre termini di paragone ricorda Barzin nell’incedere caldo e notturno e Karen Dalton in quei vuoti di voce così pieni di espressività. Ascoltandolo bene ricorda un sacco di altre cose, senza che questo ne sminuisca o infastidisca il godimento.
L’album viene dalla Nuova Zelanda ed è il secondo a nome Tiny Ruins, la cantante si chiama Hollie Fullbrook e suona anche la chitarra (un bellissimo fingerpicking). C’è qualcosa di irresistibile in questa miscela voce-strumenti; il brano migliore è Straw Into Gold, con splendidi fiati, ma anche Carriages e She’ll Be Coming ‘Round non sono da meno.
Disco per chi ascolta la musica di notte a luci spente, astenersi punx, ballerini, festaioli e cuori di pietra.
7/10
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Tiny Ruins – Carriages