di Francesca Bassani
I Viet Cong, band canadese al disco d’esordio, catturano l’attenzione con una miscela composta da rock, garage e pop che rimanda a tratti ai primi (e unici) Interpol, passando per i Bauhaus arrivando ai Sonic Youth, ai Fugazi e… a molti, moltissimi altri. Sonorità tenebrose in perfetto stile new wave con sentore di Arcade Fire in alcuni, brevissimi, spiragli più luminosi – sarà merito della comune madre patria? – si avvertono in Continental Shelf.
Ogni brano è come se richiamasse qualcosa dal passato in una sorta di seduta spiritica post-rock. Echi di Joy Division nell’incalzante ritmica di Pointless Experience, dei primi R.E.M. in Death, ma c’è il terzo brano dell’album, March of Progress, che spiazza totalmente, lasciandoci senza più punti di riferimento e ricordandoci così che, forse forse, è vero che sempre (troppo) più spesso le nuove band attingono a piene mani dal passato, ma a volte qualcosa di buono sanno tirarne fuori.
L’album fila bene, benissimo, ma non so prevedere per quanto tempo riuscirò ad ascoltarlo: fa venire troppa voglia di andare a riprendere gli originali…
6,8/10
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Viet Cong – Continental Shelf