Il terzo (!) “divorce album” di William Fitzsimmons.
William Fitzsimmons è un cantore di divorzi. Goodnight (2006) era ispirato alla separazione dei genitori, mentre The Sparrow And The Crow (2008) raccontava la fine del primo matrimonio del musicista di Pittsburgh. E adesso Mission Bell si occupa del suo secondo divorzio. Al confronto i Fleetwood Mac di Rumours, con i loro molla-e-prendi incrociati, erano dei dilettanti.
Mission Bell e l’eterna attualità delle pene d’amor perduto
Qualcuno ha scritto che Mission Bell potrebbe essere di aiuto a chi si trovi in una similmente dolorosa situazione. Dunque album prima auto-terapeutico e poi terapeutico. Ma può anche essere visto, meno seriosamente, come una serata fra amici in cui la conversazione ha per tema il disastro sentimentale, non solo quello del più ciarliero e sofferente del gruppo, ma quello in cui, prima o poi, incappano tutti quanti.
Il fascino di Mission Bell è nella sua tristezza sussurrata e mai lacrimante, nel suo stato d’animo indifeso più che straziato. D’altronde Fitzsimmons è, come detto, un esperto del settore e sa come non affaticare l’uditorio muovendosi a metà strada fra l’autorialità tutto sommato lineare dell’Iron & Wine odierno e quella più frastagliata di Sufjan Stevens.
Il savoir-faire compositivo di William Fitzsimmons
A rendere apprezzabile il lavoro contribuiscono il buon livello della scrittura e arrangiamenti che alternano momenti eterei (a volte sin troppo) ad altri più terrigni ed efficaci con batteria, controcanti femminili e tocchi di elettricità. D’altronde Fitzsimmons è uno che ha visto le sue canzoni utilizzate per diverse serie televisive, Grey’s Anatomy inclusa. Insomma sembra distratto dall’amore ma sa il suo mestiere. E in Mission Bell almeno Second Hand Smoke, Angela e Wait For Me sembrano già pronte per fare da commento a una qualche situazione dai colori autunnali e dallo stato d’animo perturbato.
Però adesso, caro Fitz, basta con i divorzi; il prossimo album lo vogliamo sexy e lascivo. Almeno un pochino.
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