Il concerto di Jon Spencer con Kendall Wind e Macky Spider Bowman alla Raindogs House di Savona, il 7 giugno 2025
Si sta concludendo una stagione difficile per la Raindogs House, il piccolo ma agguerrito club savonese che da molti anni si distingue per la qualità delle proposte musicali (della vicenda daremo conto in dettaglio più avanti). Nonostante questo, fra la seconda metà di maggio e l’inizio di giugno, abbiamo assistito alle esibizioni di Charlie Sexton, Paul Roland, Six Organs of Admittance, Uzeda e, per un finale davvero col botto, Jon Spencer.
L’istrionico cantante/chitarrista americano aveva già fatto tappa in Italia nel 2017 coi Boss Hog, la band guidata dalla moglie Cristina Martinez, mentre oggi si presenta come frontman di un trio comprendente Kendall Wind e Macky “Spider” Bowman, rispettivamente bassista e batterista dei Bobby Lees, giovane e tostissimo quartetto garage-punk, con il quale Jon ha già collaborato in veste di produttore.
Prima del concerto il DJ Soul Sister, al secolo Giuseppe Sangirardi, attuale bassista dei Tav Falco’s Panther Burns, ci intrattiene con un ottimo set in cui suona dei vecchi 7 pollici di musica garage e soul.
Man mano che il piccolo locale si riempie, salgono sia l’attesa che la temperatura, sarà una serata rovente in tutti i sensi.
L’esplosiva esibizione savonese di Jon Spencer
Jon sale sul palco alle 22.30 con l’abbigliamento nero d’ordinanza, i lunghi capelli arruffati e le folte sopracciglia dello stesso colore corvino. Ha l’aspetto di un orco o di un vampiro, o forse di un sacerdote voodoo pronto a scaraventarci negli inferi del più torrido punk-blues, ad evocare quei demoni che lo possiederanno, consentendogli di tenere banco per un’ora abbondante su ritmi forsennati, malgrado i 60 anni d’età ed uno stile di vita non sempre dei più salutari. A supportarlo c’è una sezione ritmica prodigiosa, potente ma anche dinamica e “groovosa”. Io sono piazzato davanti alla bassista, una ragazzina dall’aspetto insospettabile che fa quasi spavento da tanto è brava, si sentono del funk e del jazz dentro alle note che macina con furia; il massimo dell’intensità con il massimo dello stile.
Le luci viola e rosso scuro dei riflettori sottolineano il carattere infernale dell’evento.
Il sacerdote Spencer ci benedice con il sudore e la saliva, il suo canto è continuamente scosso da fremiti, singhiozzi, grugniti, grida lascive, incita ed aizza il pubblico accalcato sotto al palco, la sua chitarra urla riff sguaiati e abrasivi. Classici vecchi e nuovi si susseguono senza neppure una pausa fisiologica per tirare il fiato. Si possono sprecare le iperboli per descrivere un concerto di tale intensità, è un’orgia di garage-rock, punk, blues e rock ‘n’ roll, che raggiunge un culmine impossibile nell’acclamatissimo finale con Bellbottoms.
Non viene concesso il bis, ma direi che non ci possiamo proprio lamentare. Non avendo ancora stretto un patto col diavolo del blues, penso che non avrei retto per un altro quarto d’ora senza collassare. Scambio qualche commento entusiastico e qualche abbraccio sudato, e poi me ne torno a casa felice per buttarmi sotto la doccia.
Ma cosa è successo alla Raindogs House?
In seguito ad un accertamento, la Guardia di Finanza ha contestato la natura no-profit dell’associazione organizzatrice degli eventi, che è stata sanzionata con una multa di 35.000 euro. A questa batosta i soci-dipendenti hanno dovuto reagire auto-riducendosi lo stipendio e sfoltendo gli eventi. È stata un’annata dal profilo più contenuto anche per quanto riguarda la notorietà ed il prestigio degli artisti invitati, fermo restando un elevato livello qualitativo, ma i nomi in programma in queste ultime settimane ci fanno sperare che i tempi cupi per gli amici del Raindogs stiano volgendo al termine.
Le foto sono di Martin Cervelli