john vignola

 

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Dieci domande a John Vignola (Il Mucchio, Vanity Fair, Radio2) a proposito delle sue esperienze come giornalista al Festival di Sanremo, la cui edizione 2014 va a iniziare. 

 

Quanti Festival di Sanremo hai fatto?

Almeno una decina. Sono quasi un veterano.

Sei fra quelli che a Sanremo si divertono o si stressano?

Sono fra quelli lavorano e  riescono anche a divertirsi. Ma io mi diverto con molto poco.

Il Festival è davvero un evento importante o si fa in modo che lo sia?

Quando ti trovi lì ti sembra davvero la cosa più importante che esista, sei in una filiera, mentre da fuori altri lo trovano ridicolo. Ho curato uno speciale radiofonico intitolato “Scandali a Sanremo” e ho scoperto diverse cose interessanti. Nel 1953 Sanremo è il primo contest della storia, in grande anticipo sui tempi: partecipano solo debuttanti e la manifestazione nasce per scegliere la canzone italiana da inviare all’Euofestival. Nel ’58 Modugno vince fra lo scandalo generale non solo perché la sua canzone è innovativa, non solo perché con lui entra in scena l’autore anziché il semplice interprete, ma anche perché tenta di esibirsi con le mani dipinte di blu. Il 1967 non è solo l’anno del suicidio di Tenco, ma anche della partecipazione di Giorgio Gaber con un pezzo come E allora dai: “Questa è una canzone di protesta che non protesta contro nessuno. Anzi, siamo tutti d’accordo”. Nel 1981 vince Alice con Per Elisa, canzone che, nonostante le smentite, ha un sottotesto che parla di dipendenza da droga.   Sanremo non è solo reazione, stasi, affarismo (non a caso è stato ideato da un casinò), retrò prima del retrò, ma è anche una zona di confine dove può atterrare un Ufo. Sanremo è un contraltare del resto d’Italia, Sanremo nasce qualche anno dopo la fine della seconda guerra mondiale per ricordare ci ò che siamo. Oggi questa cosa si va perdendo fra il gruppo rock di turno e il cantautore di turno.

Sanremo sta davvero badando di più alla qualità?

Qualità è un termine ambiguo, specie in un mondo che è pura rappresentazione. Tanto per fare un esempio, i Beatles all’inizio non erano percepiti come musica di qualità. Non si può essere preveggenti rispetto alla qualità. Diciamo che al massimo il Festival può aspirare a un’idea alta di popolare. La musica italiana è questa. Siamo decaduti quando è morto Verdi.

“Prima di iniziare si sa già chi ha vinto.” Vero?

Sì, ma chi lo sa non lo dice. Verso la seconda serata si fa una gara fra addetti ai lavori per vedere chi azzecca il vincitore e io indovino sempre. Anche quest’anno direi che so chi vincerà.

Il dietro le quinte è psicotico come si racconta?

È uno show psichedelico e il grado di follia dipende dalle edizioni. Ricordo che nel 2010 con Antonella Clerici come presentatrice ci furono un sacco di magagne e molti cantanti erano cattivissimi. Il Teatro Ariston ha delle quinte che sono più profonde della platea. Le  quinte sono un tumulto, una ressa, sono il vero spettacolo.

Una storia divertente?

Questa è una storia recente e mi riguarda da vicino. Io sono di Spotorno e con l’etichetta Beware! ho prodotto alcuni dischi dei Perturbazione. Anni fa, Gigi Giancursi, il chitarrista dei Perturbazione mi diceva “dài, portami a Sanremo” e io gli rispondevo: “Guarda che Sanremo non è Spotorno”. Ora i Perturbazione sono fra i “big” di Sanremo 2014 e hanno realizzato un video che s’intitola Sanremo 2014: Diamogli una ripassata. Alla fine i tre del gruppo tirano fuori dei foglietti che compongono la frase “Sanremo è Spotorno” per poi correggerla in “Sanremo è Sanremo”. Ho trovato la cosa molto simpatica.

 

httpv://www.youtube.com/watch?v=s7K8aPcMNGY

Perturbazione – San Remo 2014: Diamogli una ripassata

 

Simpatici e antipatici.

Più o meno simpatici lo sono tutti, perché durante il festival sono dei cartoon.

Vorresti far parte della giuria di qualità?

Non sarebbe più di qualità e comunque di questo termine si è parlato prima.

Vorresti esibirti come artista?

No. Piuttosto mi piacerebbe condurre il festival alla Raimondo Vianello massacrando, in senso non solo figurato, i cantanti che non mi piacciono. Vorrei essere un presentatore anti-bello, anche perché gli attuali conduttori sembrano insistere sul tema del “bello”.

 

 

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