Kamasi Washington - Heaven And Earth | RecensioneYoung Turks - 2018

Kamasi Washington grande innovatore del jazz? Ma no! 

Kamasi Washington - Heaven And Earth | Recensione
Young Turks – 2018

L’uscita di Epic, oramai tre anni fa, se pur con qualche distinguo era stata salutata come una benefica ventata di novità nell’asfittico panorama jazzistico contemporaneo. Non a caso Kamasi Washington si era guadagnato anche il riconoscimento Artist of the Year della prestigiosa rivista Down Beat.

Kamasi Washington e i suoi presunti maestri

Il triplo disco sembrava aver riportato il jazz, nella sua accezione più ampia, al centro dell’attenzione. Soprattutto da parte di un pubblico ‘giovane’ che altrimenti mai si sarebbe sognato di ascoltare un sassofonista nero vestito con una tunica Dashiki con tanto di medaglione al collo. Che poi, a volgere lo sguardo ad un passato nemmeno troppo lontano gli esempi non mancano, dagli Art Ensemble of Chicago a Pharoah Sanders o Sun Ra tanto per intenderci. In particolare su questi ultimi due nomi e su quello di John Coltrane si sono concentrati gli esultanti accostamenti della critica. In realtà al di là dello stile (sartoriale, non musicale) i punti in comune sembrano davvero pochi anche in questo Heaven and Earth.

La torrenzialità di Heaven And Earth

Il nuovo lavoro sostanzialmente prolunga il già torrenziale discorso introdotto da Epic (1) . Quanto a Coltrane – che peraltro nella quasi totalità delle foto che lo ritraggono è in elegante completo scuro e cravatta – potrebbe essere forse la spiritualità il trait d’union con il trentasettenne sassofonista californiano perché musicalmente davvero poco li accomuna. Questo già  a cominciare dalla scelta di Washington di utilizzare ‘larghi’ ensemble contraddistinti da un uso intenso della tromba che raddoppia tutti gli interventi del leader, contribuendo non poco all’estrema dilatazione dei brani. (Tanto per dire, Coltrane negli ultimi fondamentali sette anni della sua carriera utilizzò lo strumento nella sola seduta di Africa Brass con Freddie Hubbard e Booker Little.)

Kamasi Washington allievo di Sun Ra?

Se anche per Sanders le similitudini appaiono sempre piuttosto superficiali (là un furore iconoclasta, qui un clangore rassicurante), resta come ultimo baluardo lo sciamano Sun Ra. In realtà le  idee cosmiche di improvvisazione collettiva del maestro di Space Is The Place niente hanno in comune con gli estenuanti brani di Washington, stanchi e tronfi ripetizioni di modelli consumati dall’uso che trovano le loro radici più nelle colonne sonore degli anni ‘70 (magari spruzzate di blaxploitation) che nella coeva avanguardia (aliena o terrestre che dir si voglia).

Non a caso ad aprire il triplo cd (2) è un brano tratto da Fists Of Fury (3), che attraverso Bruce Lee e Kill Bill ci porta a una concezione estetica molto simile, quella dell’ultimo Tarantino: un manierismo citazionista, stracco e fine a stesso. Non basta riprendere Hub-Tones proprio di Hubbard per ritrovare le fila del jazz classico, né riempire di cori, vocoder e riff inconcludenti, brani che spesso superano la durata di nove minuti senza alcun motivo apparente.

Più retorica che epica in Heaven And Earth

Così il discorso che si vorrebbe epico diventa sovente retorico (Can You Hear Him). Anche quando, come in The Invincible Youth, sembra ritornare un afflato free, ecco che tutto si si stempera in un sound confortante alla CTI (4).

Analogamente a quanto accade in altri ambiti culturali (e sociali) oggi anche il jazz sembra più attratto dalla conservazione di un vago passato piuttosto che dall’esplorazione di un incerto futuro. O forse è sempre stato così e anche noi ‘progressisti’ finiamo per idealizzare un’epoca che non c’è mai stata e in cui gli innovatori sono sempre stati costretti ai margini.

(1) Nel 2017 c’era stato l’EP Harmony of Difference, inizialmente concepito come commento sonoro a un’installazione multimediale al Whitney Museum di New York.

(2) Il terzo cd è letteralmente nascosto all’interno della confezione. Per estrarlo occorre scardinarle una parte.

(3)  In Italia Dalla Cina con furore (1972)

(4) E’ l’etichetta di Creed Taylor per cui uscivano lavori come Prelude (1973) di Eumir Deodato.

Kamasi Washington - Heaven And Earth
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Da ragazzo ho passato buona parte del mio tempo leggendo libri e ascoltando dischi. Da grande sono quasi riuscito a farne un mestiere, scrivendo in giro, raccontando a Radio3 e scegliendo musica a Radio2. Il mio podcast jazz è qui: www.spreaker.com/show/jazz-tracks

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