Elli De Mon - RaiseRivertale Productions

In Raìse Elli  de Mon accosta all’amato blues il folk della propria terra.

Conosciamo da anni Elli  de Mon – al secolo Elisa De Munari – come appassionata ricercatrice e “raccontatrice” della storia del blues, soprattutto di quello “al femminile”, capace però di reinterpretarlo e attualizzarlo con rara sensibilità e doti di interprete non comuni.

A quasi due anni di distanza dal suo precedente Pagan Blues la musicista vicentina ci spiazza cambiando radicalmente prospettiva: anche se, a ben vedere – e sentire – i punti di contatto col lavoro precedente non mancano. Raìse fa parte di un progetto più ampio che comprende anche un volume di racconti e che affonda le radici nel folklore antico della sua terra, la provincia vicentina.

Elli de Mon abbandona il canto in inglese per raccontare storie antiche (e non solo)

Ciò ha portato innanzitutto, ovviamente, all’abbandono dell’inglese per esprimersi quasi sempre in dialetto, utilizzando anche materiale “popolare” che spesso affianca i suoi testi originali. Tra il repertorio folklorico utilizzato e rielaborato spicca la storia di un uomo morto e rinato come orso dopo essersi liberato di una famiglia – in particolare di un padre – nella quale la durezza della vita quotidiana sembra aver eliminato ogni traccia di tenerezza. Altri prestiti di materiali locali sono proposti nella dolcissima Sumàn, canto popolare seicentesco in uso nella laguna veneta, e in El Me Moro, in cui una fanciulla descrive il rapporto col suo “moroso” in un modo che sembra preludere a un finale da “murder ballad”, senonché la fanciulla in questione alla fine si mostra capace di non subire e di rispondere al fuoco.

Anche i testi scritti in prima persona da Elli de Mon richiamano un mondo in cui certe presenze magiche appaiono sullo sfondo di una vita dura dalla quale sembra bandito l’ottimismo (ma non del tutto la tenerezza). Non dimentichiamo infatti che il Veneto è stato per lungo tempo, e ancor prima del meridione, terra di emigrazione.

Le novità sonore di Raìse

Sul piano musical-strumentale Elli abbandona per una volta il suo abituale status di one-woman-band, anche se come suo solito non sono pochi gli strumenti con i quali si cimenta: chitarre, contrabbasso, ukulele, sitar, dilruba, harmonium e chi più ne ha più ne metta. Stavolta si aggiungono anche Marco Degli Esposti alle chitarre e al synth e Francesco Sicchieri alla batteria.

Ne viene fuori un disco musicalmente molto vario, pur complessivamente impregnato di quel blues tanto caro all’artista; declinato però in varie modalità che richiamano generi anche assai diversi tra loro. Così la title track, che apre il disco, ha un andamento dark folk scandito da un bordone di harmonium. La successiva Orso si presenta con un attacco quasi hard rock  e una voce “demoniaca”, sia nel registro stridulo dell’inizio sia in quello ben più morbido del finale. Sinner mischia i due registri – dark folk e rock – mentre Sumàn è tutta giocata su un dolce andamento folk che a tratti richiama certi canti popolari ebraici della laguna veneta.

Discorso a parte merita El Me Moro, introdotta e accompagnata fino alla fine da un costante tappeto di sitar e dilruba  in cui è impossibile non riconoscere il debito nei confronti della viola di John Cale in Venus In Furs. E non è un caso che proprio al primo disco dei Velvet Underground Elli De Mon abbia dedicato un gradevolissimo libro per bambini/ragazzi, La Settimana Della Banana.  Il disco prosegue su un registro folk, con marcate venature dark (Oseleto, Giose, Sarò Tera) e a volte (Nana Bobò) denunciando chiaramente le influenze di quella musica indiana tanto cara a Elli, interrotto tanto improvvisamente quanto episodicamente dall’hard rock – anch’esso “indianeggiante” – di Babastrii.

Pur con un lavoro per molti aspetti piuttosto diverso dai suoi precedenti, la musicista vicentina dimostra di proseguire con notevole coerenza il suo percorso.

Elli de Mon – Raìse
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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

Di Renzo Nelli

“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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