Mark Lanegan - Gargoyle RecensioneHeavenly Records / PIAS - 2017

Mark Lanegan – Gargoyle.

Sono anni decisamente fecondi, questi, per Mark Lanegan. Che alterna con nonchalance prestigiose collaborazioni musicali, album solisti, tournées e partecipazioni a festival internazionali. E ne siamo tutti ben lieti, noi fan di vecchia data del musicista americano. Non solo perché ci regala sempre produzioni di alto livello, ma anche a livello umano, se ci fermiamo a pensare che per lungo tempo la sua vita è stata legata a un filo.

Gargoyle tra blues ed elettronica

Gargoyle si inserisce con autorevolezza nella scia della produzione del miglior Lanegan. Album cupo, gotico e a tratti pulp condisce le consuete sonorità blues con note e sfumature elettroniche, dando vita ad un tessuto musicale nuovo e inatteso. La voce di Lanegan domina come di consueto in tutte e dieci le tracce, brillando per profondità ed adattandosi alla perfezione alle nuove trame sonore.

 

Così eccolo passare con naturalezza dall’iniziale Death’s Head Tattoo, dalla classica costruzione à la Lanegan, con evidenti rimandi alle sonorità di Blues Funeral, a Beehiv,  con potenti riff di chitarra che paiono rubati agli U2 d’antan.

Bella come sempre la voce di Mark Lanegan

I momenti più interessanti, tuttavia, sono proprio quelli in cui le influenze elettroniche si fanno più evidenti. Sister ne è un esempio: trama ipnotica e ritmo martellante, cupo e inquietante. La voce si staglia bellissima come emergesse da un incubo alla David Lynch.

Lo stesso vale per Blue Blue Sea, in cui le tastiere fanno la parte del leone, puntellando il brano e conferendogli il ritmo per tutta la durata.

Gargoyle ripropone temi fin troppo consueti per Mark Lanegan

Altre canzoni sono un po’ più scontate. Per esempio la finale Old Swan, dal testo a tratti retorico.  Una menzione speciale per Nocturne, primo singolo estratto dall’album. Come un microcosmo illustra alla perfezione la tendenza generale del lavoro, sospeso fra blues ed elettronica e in cui la voce di Lanegan, qui particolarmente efficace, canta le solite storie di disperazione e sofferenza. Non appare fuori luogo chiedersi quanto Mark oramai giochi a interpretare un ruolo e quanto sia rimasto dell’antico tormento. Bene anche Emperor, brano in cui un testo di assoluta disperazione convive con una melodia brillante e scanzonata.

Nel complesso, pur con queste riserve, un’altra buona prova per Mister Lanegan.

Mark Lanegan - Gargoyle
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Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.

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