di Fausto Meirana
Da percussionista a cantautore; questo il percorso di Nick Mulvey, già con il Portico Quartet, gruppo inglese definito, un po’ enigmaticamente, post-jazz. First Mind, il suo debutto, è un disco fortemente influenzato dalla lunga permanenza a L’Avana per un corso di etnomusicologia. Non si tratta comunque di un disco ‘latino’, le canzoni sono spesso costruite sul delicato ma percussivo fingerpicking della chitarra, e, solo quando serve, Mulvey torna all’antica professione, alternando percussioni elettroniche a strumenti più tradizionali. I brani talvolta soffrono di una certa verbosità (peccato veniale, per un esordio), ma quando la ricetta funziona (per esempio quando gli accenti latini danno respiro e colore), si può azzardare un paragone con alcuni giovani songwriter contemporanei come il miglior Piers Faccini o l’altrettanto intenso Conor O’Brien dei Villagers, giusto per non scomodare sempre i soliti noti…
8/10
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Nick Mulvey – Cucurucu