Killing Rock Revolution

Killing Rock Revolution e i complotti.

Killing Rock Revolution

“Se potessi infilzarmi la penna nel cuore per spargerlo su tutto il palcoscenico / Sareste soddisfatti o incuranti? / Pensereste che il ragazzo è strano?”, così Mick Jagger in It’s Only Rock And Roll immagina le reazioni del pubblico a un suo eventuale suicidio durante un concerto. Un’ossessione, quella di morire sul palco, tipica delle rockstar di allora. Una paura non del tutto infondata secondo la trama di Killing Rock Revolution, un libro sul connubio tra crimine e musica scritto da Alessandro Bruni.

Killing Rock Revolution

Senza dubbio il filone rock e complotti si sta rivelando ricco di spunti e idee per la letteratura. Basti pensare per esempio a un saggio su Bob Dylan del 2005, L’Ultimo Cavaliere di Nicola Menicacci. Un lavoro apprezzabile soltanto se si accetta la premessa senz’altro discutibile che Dylan abbia aderito alla massoneria. Ecco, con Killing Rock Revolution bisogna fare lo stesso percorso, mettere a tacere l’incredulità e accettare la premessa che i servizi segreti di Inghilterra e USA avessero l’obiettivo di eliminare fisicamente artisti come Jimi Hendrix e Jim Morrison. Allora ci si può godere il racconto.

Chi vuole uccidere i musicisti rock? La risposta di Alessandro Bruni

Lo stesso leggendario incidente automobilistico capitato a Bob Dylan viene visto come un avvertimento recapitatogli dalle eminenze grigie affinché Dylan ammorbidisse testi e contenuti delle canzoni. Messaggi simili arrivano agli Stones in occasione dello sfortunato concerto di Altamont. In questo contesto (più o meno plausibile) seguiamo le disavventure di Steve McBrown, reduce da tre anni di galera per un’innocente scazzottata in un pub poi finita male. Grazie alle sue abilità come fotografo si ritrova catapultato nella scena che conta della Swinging London. Frequenta il gotha dei musicisti. Accede al sancta sanctorum delle celebrità e lì purtroppo hanno inizio i suoi guai. Si ritroverà infatti coinvolto in un gioco molto più grosso di lui in cui viene cooptato per fare il gioco sporco voluto dalle intelligence.

Con uno stile che ha il pregio di andare subito al sodo, senza eccessive ricercatezze, è qui che Alessandro Bruni dà il meglio di sé: nella facilità con cui si immedesima in una persona tutto sommato normale a cui capitano esperienze fuori dall’ordinario. E’ esilarante la scena in cui il manager dei Pink Floyd lo coinvolge indirettamente nel brainstorming per la copertina di Atom Heart Mother – un album dalle atmosfere più rurali che cittadine – e lui propone una vacca. Altrettanto efficace per immediatezza è la poesia composta dal protagonista durante uno dei suoi estenuanti pedinamenti di Jim Morrison:

“Rottinculo di un cantante da strapazzo / Mi stai rovinando la vita / Quei dannati hanno in pugno la mia libertà / E io sono come una puttana / Che non può decidere del suo avvenire / La verità è che non vali niente, almeno come cantante / E solo questi quattro stronzi sono convinti del contrario / Ti aspetto ovunque, a ogni ora, ma non sono la tua donna / Sono solo il tuo cecchino”.

Un cecchino per le rockstar

Una cosa che non va giù a Steve McBrown – questo recalcitrante cecchino condannato ad eliminare gli artisti per conto dei suoi padroni – è perché mai le intelligence si rifiutino di intervenire direttamente a abbiano scelto lui per i loro scopi, ricattandolo senza dargli possibilità di scampo. “Perché non risolvere tutto con un colpo di pistola? Insomma, perché dall’alto fanno tante storie per far sembrare l’omicidio un incidente?”

 

Soprattutto Steve McBrown non si capacita del metodo scelto per la scomparsa delle rockstar: pillole di acido – e qui Alessandro Bruni ha un tocco da maestro – la cui assunzione obbedisce allo stesso rituale immortalato nella scena dell’incontro fra Neo e Morpheus nel film Matrix. La risposta dei servizi segreti è alquanto sibillina: “Da Giulio Cesare in avanti l’umanità ha messo in conto la morte violenta di un politico. Ma è dai tempi di Gesù Cristo che l’omicidio di un dio genera un’infinità di disastri. Ora, non c’è dubbio che questi musicisti siano per i ragazzi – e cioè il nuovo corpo elettorale, la nuova opinione pubblica – delle divinità…”

Insomma, tutto deve essere intorbidito. Il rituale dell’omicidio obbedisce a una regia occulta. E a farne le spese è un povero malcapitato che del rock avrebbe anche fatto a meno e leggeva Kerouac soltanto per darsi un tono quando rimorchiava le ragazze.

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Trevigiano di nascita e romano di adozione. Nel maggio 2016 ha pubblicato “Ballando con Mr D.” sulla figura di Bob Dylan, nel maggio 2018 “Da Omero al Rock”, e nel novembre 2019 “Twinology. Letteratura e rock nei misteri di Twin Peaks”.

Un pensiero su “Rock e letteratura: Alessandro Bruni – Killing Rock Revolution”
  1. Sono stato sorpreso di trovare dopo ben 13 anni dalla sua uscita la menzione del mio libro su Bob Dylan.
    Mi sorprende anche il fatto che l’immagine del libro riporta non la copertina ufficiale, ma una di quelle alternative, disponibili solo sul sito dedicato al libro, peraltro chiuso da tempo. evidentemente qualche traccia sul web deve essere rimasta.
    Quanto alla discutibilità dell’ipotesi, come la chiama l’Auto di questo articolo, forse sarà discutibile da parte sua.
    La Massoneria è istituzione apprezzata in tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti, il Paese di Bob Dylan. Qui in Italia ha una brutta nomea non solo a causa della Loggia P2 di gelliana memoria, quanto piuttosto dal patto stipulato tra Mussolini e la santa Sede per support reciproco (basti pensare ai criminali nazisti fuggiti in Sudamerica dopo essere stati gelosamente custoditi all’interno delle mura vaticane, Stato costruito a tavolino dal duce e dall’allora papa). Di fronte a tutto questo, l’idea che in Italia abbiamo della Massoneria (e ahimè anche della sua pratica, il più delle volte) è limitata ad un periodo nel quale la nostra costituzione era di tipo flessibile, modificabile da una legge ordinaria nella quale un dittatore poteva fare quello che assolutamente voleva.
    Se si liquida l’ipotesi Dylan-Massoneria si dimostra di non conoscere né l’uno nell’altra, ignorando anche che Totò, Gandhi, Oliver Hardye, si sussurra anche il papa per antonomasia del XX secolo ne siano stati membri (meno che per il Papa Buono, tutto il resto è documentato).
    Comunque, un grazie sentito a Marco Zoppas per aver riacceso la curiosità intorno al mio libro.
    Un saluto da New York, dove i massoni hanno una gran Loggia alla luce del sole e dove molti musicisti ne sono membri. E mi dispiace per voi se non ci credete.
    Nicola

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