Inaspettati: ecco i Taxiwars @ Karemaski di Arezzo.
Quando inaspettatamente nella tua città sta per arrivare una band di cui fino a poco prima ignoravi l’esistenza, ma che ha tutti i presupposti per piacerti (e tanto), non puoi che ringraziare chi organizza l’evento e… correre a goderti la serata.
Stiamo parlando del nuovo progetto di Tom Barman, frontman dei dEUS (gruppo che amo e seguo ormai da più di due decenni), che con altri tre musicisti di tutto rispetto ha messo su un supergruppo d’ispirazione jazz. D’ispirazione, sì, perché poi inquadrarli soltanto nell’immaginario jazz pare veramente riduttivo, con tutti i richiami e le sfumature di cui è ricco ogni singolo brano.
È così che martedì 8 marzo, al Karemaski di Arezzo, si è compiuto un piccolo miracolo: l’unica data italiana dei TaxiWars.
Un live bellissimo per i Taxiwars @ Karemaski
Pubblico attento e partecipe, live incredibilmente bello e coinvolgente. Sassofono, contrabbasso, batteria (suonati da tre musicisti giovani e bravissimi) e voce; tanto è bastato per colorare l’atmosfera di mille sfumature.Ogni brano un mondo a sé, ma allo stesso tempo legato al precedente. Potevamo essere in un club di qualunque parte del mondo, la loro musica ha annullato le barriere geografiche – e non solo – di ogni spettatore presente, regalando una scarica di energia purissima e riuscendo a penetrare nel profondo.
Una nuova avventura per Tom Barman
Abituata a vedere Barman esibirsi sui palchi di locali enormi o di festival con decine di migliaia di persone, è stato davvero bello vederlo da pochi centimetri di distanza e riuscire anche a scambiare con lui qualche battuta a fine concerto.
Il progetto è davvero ottimo, il disco che i TaxiWars hanno prodotto all’altezza del live (o viceversa?).
Hanno preannunciato che torneranno in Italia in estate. La raccomandazione più sentita che posso fare a chi non ha avuto la fortuna di essere fra il pubblico del Karemaski, è di non perderseli. A tutti gli altri, di tornare a vederli. Io personalmente, cercherò in ogni modo di bissare.
Le foto sono di Luca Calugi, che ringaziamo