L’Officina Della Camomilla –
Senontipiacefalostesso Due

Leggi i testi del secondo album de L’Officina Della Camomilla, l’indieficio milanese della Garrincha Dischi, e non ci capisci un’acca. Sai che la voce di Francesco De Leo può dare a certi accostamenti di parole non un significato, ma una significanza intima, una sorta di sensualità disagiata del pasticcio: ti decidi ad ascoltare il nuovo Senontipiacefalostesso Due.
Presto hai la sensazione che qualcosa non va, quella forza post-punk del disco, quello scandalo dei testi costruiti come un film senza trama, non poggiano su basi musicali solide e ricadono piacevolmente nella pace del pop italiano.
La Sottile Linea Brit-pop
Pezzi come Rivoltella, Nazipunk, Bucascuola, sono potenziali capolavori di sadismo rock, ma anche questi finiscono per indulgere alle suggestioni del peggior britpop di cui la musica indipendente italiana è satura.
Ti convinci che tutto l’album tende ad appiattirsi su questa linea che senza pensarci chiameresti “Oasis-Arctic Monkeys”, la stessa dei momenti più superficiali dei vari Orsi e Stati Sociali, e paradossalmente ti sembra che soltanto dove si inseriscono i session men (Sig.Solo, già musicista di Dente, in Piccola Sole Triste), e la chitarra non esageri in distorsioni (Squatter, Gentilissimo Oh), si possano fare nomi come Strokes o Vampire Weekend e quasi emerga tutta l’immoralità dell’Officina Della Camomilla.
Così, dopo 15 tracce e 50 minuti di ascolto, dai all’album solo 3 punti per l’intenzione, più i 2 per la voce di De Leo e, anche se un po’ ti dispiace, fa lo stesso 5.
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