Un disco di cover per Marc Almond.
Il Marc Almond neosessantenne è difficile, volendogli bene, farlo sentire in colpa se sceglie di festeggiarsi pubblicando non un album di inediti bensì una raccolta sonora di cartoline della sua giovinezza. Ci eravamo lasciati con The Velvet Trail. Che era sì disco di piacevole fruizione pop con guizzi e cadute ma che, nel complesso, probabilmente, doveva costituire una sorta di rinnovata ispirazione dopo un lungo periodo di lavori interessanti ma ben più prossimi alla sperimentazione ed alla teatralità che non al mero ascolto.
E ci siamo pure ballonzolati sull’inedito A Kind Of Love dell’ennesima raccolta (Marc, ho appena preso il decuplo e me fai uscì n’altra raccolta?) che tanto riecheggiava i successi dei primordi, però dopo l’antipastino si deve pur pranzar…
Shadows And Reflections un disco emotivo
E quindi arriva il piatto forte. L’album che probabilmente voleva fare da tempo (dicono sempre così, “…era da tempo che lo avevo nel cassetto…”). Undici covers tra uptempo, midtempo e torch songs, più un preludio e un interludio più due inediti perfettamente contestualizzati (tanto perché la dimensione da palcoscenico non venga mai a mancar). E dove a farla da padrone è l’intensità emotiva del canto ed una orchestrazione spaventosa nella sua magniloquenza.
Marc Almond e la passione per le cover
Si, con le cover Almond ha sempre flirtato. Nei Soft Cell in primis (Tainted Love mica era loro…). Poi con i Mambas e pure da solista, ma esistono artisti che danno un valore aggiunto alla parola “interprete”. E il ragazzo , in questo campo, è senz’altro tra i migliori.
Attenzione perché, anche per interpretare, l’ispirazione è conditio sine qua non, non si pensi, infatti, al coverizzare come ad un semplice esercizio di stile come tanti se ne sentono, ma qui l’urgenza di appropriarsi dell’originale e farlo diventare “roba propria” è pienamente nel suo realizzarsi con calda compiutezza.
Le canzoni di Shadows And Reflections
Comunque il repertorio è da leccarsi i baffi: Burt Bacharach, The Action, The Yardbirds, Bobby Darin, Julie Driscoll, Billy Fury, Young Rascals… Ovvero il gotha della Swinging London quando Mary Quant impazzava e il resto del mondo impazziva mentre il giovin Marc si preparava le corde vocali.
Disco per estimatori, comunque, del bel canto, debitore alla grande tradizione di arrangiatori che han fatto, che so, dei primi album di Scott Walker, quelle meraviglie che ancor sono, e che ben si colloca in quella zona proustiana della memoria collettiva di noi che stiamo incanutendo ma solo fuori. Almond no, è palesemente tinto.
Be the first to leave a review.