This Machine

Intervista a Federico Appel e Simone Saccucci, autori di This Machine

È stata una delle letture più emozionanti di un 2021 ricco di ottimi fumetti. This Machine, pubblicato da Diabolo, racconta di Woody Guthrie e Pete Seeger “in un immaginario viaggio on the road lungo le strade polverose dell’America di metà Novecento”, come recitano efficacemente le note di copertina. Quindi, non una biografia dei due celebri folksinger, ma una “possibile” avventura, che li vede protagonisti come in un sogno, o in una canzone. Dentro ci trovi una lettera misteriosa, un camionista russo che solleva gli orsi, la polizia che dà la caccia ai comunisti, molto altro e, ovviamente, la musica.

Dunque un approccio originale alla materia (che vale mille volte di più di una pedissequa sequenza di avvenimenti) per coinvolgere ed introdurre nel magico universo di due artisti fondamentali. La coppia di autori, Simone Saccucci ai testi e Federico Appel ai disegni, coglie perfettamente nel segno, grazie a una sceneggiatura avvincente, con un pizzico di mistero e tanta poesia, e i delicati disegni, in un onirico bianco e nero. Quella che segue è un’intervista ad entrambi, giusto per togliersi qualche curiosità.

This Machine 1

Come mai avete pensato di realizzare un fumetto su Guthrie e Seeger?

Federico Appel: È stata un’idea di Simone. Un giorno ha cominciato a raccontarmi di questo fantomatico viaggio fatto dai due musicisti nel 1940, un viaggio mitico, e per questo motivo del tutto privo di fonti storiche affidabili o di fatti concreti da narrare. E mentre Simone parlava con assoluto entusiasmo, a me, che di Woody e Pete avevo una conoscenza senz’altro meno approfondita, hanno cominciato a prudere le mani. Nel senso che questa storia, piena di lati oscuri e possibilità, mi è sembrata subito molto disegnabile: grandi orizzonti, strade polverose, personaggi con camicie a quadri, magari ex schiavi, e misteriosi bluesmen, agenti governativi e cantastorie. Da lì siamo partiti, avendo come unica traccia l’entusiasmo per questi due grandi personaggi. In che modo li avremmo raccontati, quale storia effettivamente sarebbe uscita fuori, non lo sapevamo. Lo abbiamo capito passo dopo passo, tavola dopo tavola, sbagliando strada a volte, ma viaggiando anche noi, seppur fermi al tavolo.

Infatti, non avete optato per una biografia vera e propria, bensì per una “possibile” storia. Come mai questa impostazione?

FA: Woody Guthrie e Pete Seeger sono due giganti, che davvero hanno posto le basi della moderna canzone d’autore occidentale. Raccontarli dall’inizio alla fine, con un’impostazione prettamente biografica, sarebbe stato abbastanza noioso e ci avrebbe costretto a fare un lavoro davvero filologico. Raccontarne invece un’avventura possibile (a me che disegnavo è venuto subito in mente Manu Larcenet, quando racconta la storia non vera, ma possibile, di un Van Gogh tra le trincee della prima guerra mondiale o di un Sigmund Freud perso nel Far West) ci ha consentito di recuperare lo spirito avventuroso e impegnato di due ragazzi e di parlarne in maniera leggera quanto appassionata.

Come avete lavorato? Prima la sceneggiatura e poi i disegni, oppure tutto insieme a quattro mani?

FA: Questo è stato il “nostro” viaggio. Abbiamo lavorato insieme e anche in maniera un po’ selvaggia, come ben sa Francesca Martucci di Diabolo. Nel senso che Simone mi raccontava possibili svolte della storia, senza scrivere, e io disegnavo. Ma, quando disegnavo, prendevo a volte strade tangenziali, o addirittura secondarie, seguendo stimoli periferici e laterali (gli animali, le storie dei personaggi incontrati da Woody e Pete, i sogni erotici). E così, questa storia possibile è stata riscritta più volte, e più volte io disegnatore ho dovuto aggiustare il tiro e ritornare con i piedi per terra, per arrivare a una narrazione sequenziale e intelligibile.

This Machine 2

A me il fumetto ha ispirato un’atmosfera onirica e giocosa, ma non sono sicuro che fosse una vostra intenzione.

FA: Lo era eccome. Anzi, il sogno, il delirio espressivo, erano una mia fissazione. Nel senso che quest’America profonda e profondissima, vista in mille film, letta in mille libri, ascoltata in innumerevoli dischi, ispira talmente tanto l’immaginario di tutti che ci è piaciuto ampliarlo, per quanto possibile, e ricorrere appunto ai sogni, ai deliri, alle possibilità infinite della fantasia. Per dimostrare, se vogliamo, la grandezza di Seeger e Guthrie, che sono riusciti, con le loro canzoni, a raccontare davvero qualsiasi cosa, per il gusto di raccontarla e non solo per il loro impegno ideologico, che pure è ingrediente fondamentale per passione e entusiasmo.

In apertura del libro Simone ringrazia Seeger, che rispose “con un banjo disegnato a mo’ di firma”, e Federico dedica il libro ai giradischi e ai vecchi vinili. Mi volete parlare di queste due ”dediche”?

FA: Per quel che mi riguarda, io adesso sono un ascoltatore felice di vinili, dopo essere passato attraverso le musicassette al liceo, poi i cd e, più di recente, gli mp3. Nel senso che, sarà l’età, ma mi pare che la musica ascoltata in vinile, su stereo magari “appiccicaticci”, abbia un suono diverso, più bello. Inoltre, quando avevo 17 anni, scoprii in casa di una zia un baule pieno di vinili che non suonavano da un po’. E’ lì che ho scoperto Quicksilver Messenger Service, Grateful Dead, il Dylan di New Morning, ZZ Top e tanta altra musica che ancora mi porto dietro.

Simone Saccucci: Per quel che riguarda me, invece, Pete Seeger è stato uno dei miei più grandi maestri. Soprattutto rispetto a come approcciarsi alla musica e ai concerti. Gli scrissi e mi rispose, firmandosi come “Nonno Seeger”, col piccolo disegno di un banjo. Non lo ringrazierò mai abbastanza anche per questo. Dopo un mese da quella risposta, morì.

This Machine 3

In cosa consiste secondo voi l’attualità di due folksinger come Guthrie e Seeger, non tanto musicalmente, quanto come messaggio politico.

SS: E’ una domanda complicata. Innanzitutto, ci sono ancora folksinger? È possibile individuare oggi artisti che abbiano un approccio simile a queste due figure, tanto grandi, eppure così vicine alla gente? Da un punto di vista del messaggio politico, però, ci possono aiutare a capire una volta di più che ogni azione, ogni riflessione sul mondo, non può non avvenire se non stando nel mondo. In strada.

Avete optato per il bianco e nero, come mai? In questo modo si dà grande risalto alla qualità del disegno e all’uso della china.

FA: All’inizio, ragionando con Riccardo e Francesca di Diabolo, avevamo pensato anche alla bicromia. Avevo fatto delle prove, lavorando sul nero e il marrone, il grigio e il blu, il seppia e il rosso. Ma alla fine, con la quantità di disegni che continuava ad aumentare e con la mia mano che, sebbene fosse sempre più bollita, tuttavia continuava ad incaponirsi in tratteggi su tratteggi, siamo arrivati al bianco e nero. Che è essenziale e non permette effetti speciali o trucchi. E, quindi, mi piace assai.

Ma quali sono le principali ispirazioni? Io ci ho visto Robert Crumb, ad esempio.

FA: Crumb c’è senz’altro, del resto anche lui ha raccontato il blues e il folk e lo ha fatto molto, molto bene. Ma ci sono forse tutti i disegnatori che mi piacciono: un po’ di “Krazy Kat” e, magari, anche E. C. Segar (l’autore di “Braccio di Ferro”, nda). Diciamo che, pur essendo io freddo e calcolatore quando voglio, qui mi sono davvero lasciato andare, cercando di cogliere nella storia tutte le possibilità, enormi e sconfinate, che conteneva. Ed è stato bello.

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Avvocato e giornalista, marito devoto e padre esemplare, scrive di musica e fumetti sulle pagine de Il Tirreno e collabora/ha collaborato con numerose altre testate cartacee e non, oltre a non curare più un proprio blog. Fa parte della giuria del Premio Ciampi.

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