Vanishing Twin - Ookii Gekkou

I Vanishing Twin e la rivisitazione creativa del passato in Ookii Gekkou

Questo inizio di 21° secolo lo avevamo immaginato diverso: le ansie millenariste non ci impedivano di guardare con fiducia al 2000, pensavamo che avremmo continuato la corsa allo spazio, scoperto nuovi mondi, invece ci sentiamo più che mai prigionieri di un pianeta che, fra pandemia e cambiamento climatico, avvertiamo sempre più piccolo ed insicuro.

Se pensare al futuro è diventato troppo angosciante, possiamo almeno inventarci un presente migliore rimodellando il passato. I Vanishing Twin si nutrono con consapevolezza ed intelligenza di queste suggestioni retrofuturiste ed hauntologiche. Mi piace indugiare in questa fantasia: se al posto degli Abba avessimo avuto in cima alle hit parade dei dischi di krautrock o di library music italiana, loro avrebbero potuto essere la perfetta pop band degli anni ’70, ma è evidente che una sintesi così elaborata e sofisticata di stili e sonorità vintage, ripescate da vecchi vinili polverosi scovati dal rigattiere, poteva essere operata solo col senno di poi.

È dunque riduttivo bollarli come nostalgici o retromaniaci, visto che portano avanti in maniera originale un’operazione avviata già negli anni ’90 da band quali Stereolab, Broadcast, Laika o Air, artisti che avevano ampliato a dismisura gli orizzonti musicali di noi fan duri e puri del rock alternativo, facendoci scoprire ed apprezzare stili che fino al giorno prima avevamo snobbato o addirittura schifato, quali l’exotica o il french pop.

Chi sono i Vanishing Twin

Vanishing Twin è un quartetto di stanza a Londra composto da polistrumentisti provenienti da aree geografiche a da esperienze differenti, attivi anche in numerosi altri progetti collaterali, e questo Ookii Gekkou (“chiaro di luna” in giapponese) è il loro terzo album, pubblicato da Fire Records.

Se il precedente The Age of Immunology suonava drammaticamente profetico sin dal titolo, il nuovo lavoro è stato concepito nel periodo del lockdown e viene descritto dai quattro come una sorta di acchiappasogni per la follia di questo ultimo anno. La ricetta sonora si impreziosisce e si arricchisce di nuovi elementi; jazz d’avanguardia e afrobeat si aggiungono all’elettronica dei krautrocker e dei pionieri di fine anni ’60, allo space-age pop, alle vecchie colonne sonore e alla musica per sonorizzazioni.

La complessità e raffinatezza dell’amalgama rende a tratti indistinguibili e quasi subliminali i richiami al passato, mentre orecchiabilità e immediatezza sono garantite dalle melodie tratteggiate dalla voce pulita e suadente di Cathy Lucas, che ricorda un po’ quelle di Dorothy Moskowitz degli United States of America e di Laetitia Sadier degli Stereolab. Cathy si libra con grazia su un tessuto sonoro perennemente cangiante, balbettii di vecchi synth analogici e frequenze elettroniche dissonanti lo innervano di inquietudine appena sotto alla superficie.

Ookii Gekkou canzone per canzone

Si parte con la swingante Big Moonlight. Un flauto magico, lontani rintocchi di vibrafono, chitarre twangy provenienti dalla colonna sonora di un qualche perduto film di spionaggio la rendono il sottofondo ideale per gustarsi un Martini sulla stazione spaziale orbitante.

In Phase One Million il ritmo diventa un sensuale groove afrobeat.

Zuum ha invece ha il pulsare metronomico dei Silver Apples, che diventa poi addirittura una poliritmia gamelan. Un tema misterioso è accennato dai fiati e ripreso dagli archi e dal synth, in un’atmosfera di grande tensione.

Ancora il gamelan, oltre ai consueti effetti sonori che rimandano a vecchi film sci-fi tipo Il Pianeta Proibito, accompagnano una voce recitante in The Organism.

In Cucina è un brano di jazz spirituale e afrofuturista screziato di exotica. SunRa dal suo ritiro su Saturno ascolta ed approva.

Wider than Itself è una tenue ballata in cui i suoni stanno fra i già citati United States of America e certa  bizzarra library music elettronica, ad esempio quella del Piero Umiliani di Fra Scienza e Fantascienza.

In Light Vessel si sentono di nuovo i Silver Apples e il ronzio dei loro oscillatori; la voce è distorta dal vocoder.

Tub Erupt è un’ipnotica tirata motorik, mentre la conclusiva The Lift è un funk in cui le armonia vocali ricordano vecchie band quali i Free Design.

Un disco cangiante e fascinoso

I Vanishing Twin giocano a ricombinare in maniera sempre spiazzante i differenti richiami  ed il risultato si tiene in perfetto equilibrio fra pop ed avanguardia. Ookii Gekkou è un album caleidoscopico che cresce ascolto dopo ascolto, rivelando sempre nuove e sorprendenti sfumature.

Vanishing Twin – Ookii Gekkou
7,9 Voto Redattore
0 Voto Utenti (0 voti)
Cosa ne dice la gente... Dai il tuo voto all'album!
Sort by:

Be the first to leave a review.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Show more
{{ pageNumber+1 }}
Dai il tuo voto all'album!

 

 

 

print

Nasce a Savona nel 1966 e per il momento ancora vive. Ascolta musica voracemente e ne scrive a tempo perso. Ad una certa età pensa di sentirsi troppo vecchio per continuare a comprare dischi, ma rinsavisce in fretta e torna sulla retta via. Lavora come infermiere in terapia intensiva e durante la pandemia la musica lo aiuta a pensare a qualcosa che non sia il Covid-19.

Lascia un commento!

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.