Blind Pilot Like lions

Blind Pilot Like lions

 

Malinconia e speranza in un disco di maggior spessore rispetto ai già buoni precedenti

Arriva dopo una pausa di cinque anni il terzo, nuovo e atteso lavoro dei Blind Pilot. Il precedente, We Are The Tide, pubblicato nel 2011, li aveva fatti conoscere al grande pubblico anche fuori dagli Stati Uniti, grazie a un lungo tour europeo nel quale si esibivano come opening act per i Calexico, tour che li avevi portati fino a Milano. Proprio a Milano ho avuto la fortuna di essere presente, in una piovosa sera di novembre nel 2013, all’Alcatraz, per apprezzare Israel Nebeker e soci in una memorabile esibizione live.

And Then Like Lions

Cosa è cambiato con il nuovo And Then Like Lions rispetto al passato? In un certo senso, possiamo dire che vi è certamente una svolta. La scrittura di Nebeker è ora venata da una sorta di malinconia, un’ombra scura che percorre tutto il lavoro, senza tuttavia appesantirlo. And Then Like Lions nasce come esigenza personale del musicista di Portland, esigenza di esprimere il dolore della perdita. La perdita di un amore, per la rottura di una lunga relazione, la perdita del padre, l’artista Royal Nebeker, spirato alla fine del 2014 e la fine di una lunga amicizia. Le consuete nuances indie-folk, pur presenti in tutte e dieci le tracce che compongono l’album, perdono la leggerezza pop che spesso caratterizzava i precedenti lavori, per crescere in profondità e spessore, rendendo davvero bellissima e da ascoltare tutta d’un fiato quest’ultima opera.

 

Blind Pilot in forma smagliante

A partire dalla traccia di apertura, Umpqua Rushing, dedicata all’amore perduto, di grandissimo impatto. “My heart stays the same”, canta Israel, e sullo sfondo una chitarra intrecciata al suono di tastiere e scandita dal ritmo della batteria contribuisce a tessere una delle melodie più belle di And Then Like Lions. Seeing Is Believing è dedicato al padre scomparso: tristezza, dolore e grande dolcezza pervadono tutto il pezzo, forse uno dei più vicini alle originarie sonorità folk più tipiche del gruppo americano. Fra le mie preferite Which Side I’m On, che non sarebbe sfigurata nella colonna sonora scritta da Eddie Vedder per Into The Wild. Una partenza in sordina e il ritmo che cresce, man mano si dipanano le note, chitarra, voce e batteria sempre padrone assolute della scena. Like Lions in chiusura suggella e porta a compimento il percorso di guarigione intrapreso con la scrittura delle dieci tracce che lo compongono: il dolore e il lutto ci hanno colpito, dice Nebeker, ma siamo forti e coraggiosi come dei leoni,  siamo sopravvissuti ed eccoci ancora qui. E noi, pubblico, ne siamo felicissimi.

 

8/10

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Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.

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