Pearl jam Dark Matter

I Pearl Jam, Dark Matter e la legittimità del confronto con il passato.

Cosa dire ancora sui Pearl Jam. Ci si può incastrare nei consueti scontri tra fan e detrattori, tra chi li vorrebbe ancora come negli anni ’90 e chi invece accetta lo scorrere del tempo. Oppure si può ascoltare l’album Dark Matter appena pubblicato senza pregiudizi e sovrastrutture. Certo non è facile. I Pearl Jam sono stati una delle più grandi band degli anni ’90, con una serie di album strepitosi alle spalle. Ma voglio provarci. Provare a pulire del tutto la mia mente. E forse così riuscirò ad avere un’idea più chiara di Dark Matter. 

Dark Matter suona rassicurante ma anche risaputo

Scared Of Fear apre il lavoro con buona intensità. È un brano rock potente e ben strutturato. Ma già in React, Respond Dark Matter sembra perdere la bussola. Si segue una strada che pare portare in vicoli ciechi, stretti e bui, con inutili assoli costruiti su troppe note. Con Wreckage si torna su territori conosciuti. Il tempo medio che i Pearl Jam praticano da sempre e sanno ancora farlo bene. Nel brano che dà il titolo all’album Eddie Vedder canta su un paio di riff robusti che percorrono tutto il pezzo e che tuttavia sanno di tanto rock già sentito. Won’t Tell è molto radiofonica, molto manierata, molto commerciale e proprio per questo, forse il brano che meglio degli altri dà tranquillità all’ascoltatore. Ma va bene tutto ciò? E qui inciampo di nuovo sul cancellare le sovrastrutture. Posso farcela? Anche se l’album porta  scritto in alto, in oro, Pearl Jam? 

Upper Hand e i quasi sei minuti di Waiting For Stevie sono i momenti meno riusciti. E anche quelli che fanno da spartiacque tra ciò che ancora regge e ciò che invece imbarazza. Si salva soltanto Running. Energica, vitale, rock. Something Special, Got to Give e Setting Sun potrebbero anche funzionare se non fossero brani dei Pearl Jam anno 2024. Dunque no, non ce l’ho fatta. Non sono riuscito a fare tabula rasa, a cancellare perlomeno un decennio di capolavori. 

Una produzione sconcertante

E infine una considerazione. Mi chiedo quanto stiano facendo bene al rock le produzioni di Andrew Watt. Già con gli Stones di Hackney Diamonds aveva pulito troppo il suono della band, ma per fortuna il mestiere e la scrittura musicale dei Glimmer Twins facevano il resto. Qui succede esattamente la stessa cosa, con l’aggiunta di Josh Klinghoffer che, non me ne voglia nessuno, ho sempre reputato impresentabile. La batteria di Matt Cameron è inascoltabile, il missaggio non rispetta le immense dinamiche con le quali i Pearl Jam avevano spaccato. Le compressioni sono eccessive. Certo anche Vedder & Co. hanno la loro parte di colpa. Ma cosa avremmo ascoltato senza il duo Andrew / Josh?           

Pearl Jam - Dark Matter
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Sono nato quando uscivano Darkness on the Edge of Town, Outlandos D'Amour, Some girls e Blue Valentine. Quasi a voler mostrarmi la strada. Ora leggo, scrivo, suono e colleziono vinili.

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