Pubblichiamo la recensione di questo disco, ufficialmente uscito in estate ma che comincia a essere facilmente reperibile solo ora, in triste sincronicità con la scomparsa di Gail Zappa, vedova di Frank. R.I.P.
Frank Zappa continua a provocare, anche dall’oltretomba, con un tipo di musica che nell’ultima parte della carriera definì come ‘jazz infernale’ (Jazz From Hell – 1986). Ne è la prova Dance Me This, titolo numero 100 di una discografia sterminata, che chiude i giochi portando alla luce l’ultimo progetto del musicista e compositore americano, completato nel 1993 pochi mesi prima della morte. Le collisioni tra il synclavier, la musica colta e i toni gutturali dei throat singers della Repubblica di Tuva sono raccolte in questo disco suggestivo, difficile, ma non inaspettato.
Il cuore dell’opera, pulsante di suoni e rumori è rappresentato dai cinque movimenti della suite Wolf Harbor, probabilmente dedicata ad un progetto abortito per uno spettacolo di danza moderna; si tratta un’abbondante mezz’ora che richiede un certo impegno nell’ascolto, con atmosfere piuttosto lugubri e simili a quelle di The Yellow Shark, tanto per trovare un non facile paragone. Dei restanti brani, segnaliamo i tre che sono dominati dalle stranianti voci di gola dei cantanti di Tuva, nel primo dei quali, in apertura dell’album, c’è anche un brevissimo assolo di chitarra, considerato l’ultima performance eseguita da Zappa allo strumento. Un po’ fuori luogo, invece ‘Piano’, una lunga dissertazione (ovviamente) al piano e la conclusiva Calculus, che, seppur composta e diretta dal musicista sembra essere stata terminata dai suoi collaboratori mentre il genio riposava…
7,5/10