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Gli Specials dal vivo al Bataclan

Ricordo di aver comprato il primo disco degli Specials (l‘omonimo The Specials, del 1979) in un negozio generico e di periferia (allora esistevano) che pure teneva quel tipo di vinili, poco dopo l’uscita e solo per averne letto, non avendo la possibilità di ascoltarlo. Meglio così, perché la sorpresa fu assoluta: feroci come il punk, precisi come una mod band e insieme ballabili; mai sentito niente del genere, prima, e poco anche dopo, visto che il secondo disco (More Specials, 1981) addolciva i toni e poi si sciolsero.

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La reunion degli anni ’00 mi aveva lasciata in qualche modo scettica; troppo tempo passato dal ’79-‘81, il fondatore e fra i compositori principali, Jerry Dammers, che si chiama fuori. E poi naturalmente arriva la possibilità di vederli dal vivo e allora ci si fionda a comprare il biglietto. Le prime note con “This town is coming like a Ghost Town” mettono già i brividi e dissipano ogni dubbio. Che coraggio aprire il concerto con il loro singolo d’addio, una delle canzoni migliori di quegli anni, ma anche una delle più tristi.

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Della formazione originale sul palco ci sono Terry Hall, Lynval Golding, John Bradbury e Horace Panther; alla chitarra solista, al posto di Roddy Radiation, c’è l’ottimo Steve Cradock (degli Ocean Color Scene, ma anche parte della band di Paul Weller), alle tastiere Nik Torp, e poi (su molti brani) archi e fiati. Insomma tutto l’occorrente per ricreare le atmosfere melodicamente complesse di Stereotype, di Man at C & A e della stessa Ghost Town.

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Il set prevede una ricca selezione dei brani migliori: dopo Ghost Town arrivano Friday Night, Saturday Morning , Do Nothing , International Jet Set , Stereotype , Man at C&A , Rat Race, Hey Little Rich Girl, Blank Expression, It’s Up to You, Why?, Doesn’t Make It Alright, Nite Klub, (Dawning of a) New Era, Do the Dog, Gangsters, Monkey Man, Concrete Jungle, A Message to You Rudy, Little Bitch, Too Much Too Young; e come bis Guns of Navarone, Enjoy Yourself  e You’re Wondering Now. La cover di Maggie’s Farm sarebbe stata apprezzata, ma pazienza.Ventiquattro canzoni compresse in un’ora e un quarto, il che significa poche chiacchiere, nonché intensità  e compattezza degne delle origini punk della band.

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L’età ha fatto pochi danni: Lynval Golding è quello che si muove di più, e  a dispetto della pancetta salta, canta e suona in modo spettacolare; Horace Panther suona accanto alla batteria, ma spesso si proietta davanti a prendersi la giusta dose di applausi. John Bradbury alla batteria è perfetto, con la stessa faccia delinquenziale di un tempo.

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Un discorso a parte va fatto per Terry Hall, la cui voce fortunatamente nulla ha perso con gli anni; ha ancora quel tono impersonale, isterico e caldo allo stesso tempo ch’era un po’ il suo marchio di fabbrica. Tuttavia i problemi caratteriali che negli ultimi anni si sono palesati come problemi mentali  sono pure evidenti; durante l’esecuzione di “Nite Klub, is this the in place to be? / Nite Klub, what am I doing here?” riesce a infilare un personalissimo “Exactly!” che comunica il suo umore della serata.

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Guarda male i compagni e li riprende, si aggira sul palco con un abito di una taglia più grande e l’aria disperata, a un tratto rivolge una muta sequenza di “fuck offs” verso la telecamera di Arte (o verso il pubblico? o chissà?) che riprende il concerto. A suo modo uno spettacolo nello spettacolo.

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Difficile dire quali sono i momenti migliori: A Message to You, Rudy è forse la più applaudita, ma un brano come Blank Expression, nemmeno fra i più noti, con il controcanto differito come sul disco, è lì a ricordare la genialità di The Specials. Pubblico entusiasta e partecipativo; inclusi vecchi nostalgici che per l’occasione hanno rispolverato bretelle, camicie a scacchi e altri cimeli, e giovani nostalgici che hanno comprato quelli nuovi. Si suda, si balla, si canta e si va via contenti di aver colto l’opportunità di risentirli e di vederli.

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Mi piace la musica senza confini di genere e ha sempre fatto parte della mia vita. La foto del profilo dice da dove sono partita e le origini non si dimenticano; oggi ascolto molto hip-hop e sono curiosa verso tutte le nuove tendenze. Condividere gli ascolti con gli altri è fondamentale: per questo ho fondato TomTomRock.

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