Piero Ciampi e Nada

Per i cinquant’anni di Ho scoperto che esisto anch’io, ovvero di Piero Ciampi e di come Nada scoprì d’esistere.

Nada Malanima, di Gabbro, frazione arroccata, contadina e per nulla marittima di Rosignano Marittimo, sale sul palco di Sanremo. Ha 15 anni, all’attivo un unico 45 giri, in cui rifà in italiano Les bicyclettes de Belsize. Esile, malcerta e vibrante, muove braccia mani con intensità convulsa e nervosa; canta fuori fuoco Nada, come non si era mai visto prima, come mai si sarebbe sognato l’astro meridiano di Mina, e come non avrebbe mai più smesso di fare. Ma che freddo fa ipnotizza il pubblico sanremese e incolla al bianco e nero della TV un Paese intero. Quella canzone sulla gelata precoce d’amore, cantata con voce scura, fonda, un po’ disarmonica da una ragazzina tremante, inchioda Nada per cinque settimane al primo posto nella hit-parade e la appende alla memoria popolare d’un Italia che di gelate ne avrebbe viste venire molte ancora. E quanto più rigide. La popolarità è improvvisa, imprevista, internazionale, ingestibile, non metabolizzabile. Regala a Nada successo, sofferenza fisica, dolore dell’anima. E l’obbligo del palcoscenico. Quello commerciale e popolare.

Pulcino di Gabbro?

La soprannominano il pulcino di Gabbro, ma Nada è in realtà una macchina da guerra armata dalla balistica di precisione della RCA, che si trova a spremere un frutto inatteso. Sempre nel 1969, esce il primo album, Nada. Solo pochi mesi ed è la volta di Un disco per l’Estate: Nada partecipa con Biancaneve, ma più successo verrà dal lato B, Cuore stanco. La ruota non si ferma. Ancora, 1969, anno miracoloso e infinito: Nada prende parte a Canzonissima con Che male fa la gelosia, L’anello e Innamorata di te. 1970, ancora una volta a Saneremo, Nada canta Pa’ diglielo a ma’. Poi, di nuovo, Canzonissima, con Io l’ho fatto per amore. E quindi, sempre in quell’anno, il secondo album, dallo stesso titolo.

Il Festival di Sanremo

È il 1971. Nada vince il Festival di Sanremo con Il cuore è uno zingaro, in combinata con Nicola Di Bari. Il successo è immenso, la premia e crocifigge Nada all’immagine di cantante melodica a gola spiegata. Poi ancora Canzonissima, con il brano sanremese e La porti un bacione a Firenze. Nel 1972 Nada è terza a Sanremo con Re di denari. In quell’anno è, di nuovo, sul palco di Un disco per l’estate, ed è decima con Una chitarra e un’armonica. Partecipa, Nada, in quello stesso 1972, per l’ultima volta a Canzonissima, con Re di denari e Una chitarra e un’armonica. Il cuore è uno zingaro, nella versione di Nicola Di Bari, staziona per sei settimane in hit parade. Nada accelera, corre, ma le ruote iniziano a saltare. Il meccanismo, già perfetto, si inceppa.

L’incontro fra Nada e Piero Ciampi

In un’intervista a Candida Morvillo per il “Corriere della Sera” del 18 novembre 2016, dirà: «Io però mi sentivo a pezzi. Andai da Ennio Melis, il capo della Rca, gli dissi “non ce la faccio più, rompo il contratto”. Ma lui mi propose di presentarmi un paroliere e un musicista straordinario, di Livorno come me. Era Piero Ciampi. Io non sapevo niente di musica. Con Piero, iniziai ad ascoltare canzoni inglesi e americane di quei primi anni ‘70 e scoprii dei mondi. Gli dicevo: davvero pensi che anch’io posso fare questa musica?». Ciampi rispose che, per comporre insieme a Nada e per Nada, avrebbe dovuto conoscerla, frequentarla. E allora «Bighellonammo per due anni. Due anni folli, dissoluti, meravigliosi». Il ritratto di Ciampi per bocca di Nada è lucido, commosso, onesto: «C’è chi non beve ma distrugge gli altri. Lui distruggeva se stesso per trovare qualcosa di meraviglioso. Era buono, gentile, sensibile. E quando era cattivo era cattivo. Non era diplomatico. Passavamo le notti nei locali di Roma con Carmelo Bene, il pittore Giulio Turcato e attori, registi, artisti che solo anni dopo ho capito quanto fossero grandi… Io avevo 18 anni, non sapevo niente, solo che fra loro mi sentivo importante perché mi trattavano come una persona, non come la cantante prodigio che era andata a Sanremo». Aggiunge Nada: «eravamo solo due ragazzi inquieti. E lui era l’unica persona al mondo che assecondava la mia ribellione. Dicevo: “Non voglio salire su quel palco”. E lui: “Sì! Brava! Non salirci!». E Nada non ci salirà, non ci salirà più per molti anni, fino al disastroso ritorno del 1987.

Non è più un pulcino spiumato Nada Malanima dopo quel biennio di vita in simbiosi, Gabbro è vicina e lontana, la scelta di correre sul versante più impervio, meno praticato della canzone d’autore italiana è netta, senza compromessi.

1973: Ho scoperto che esisto anch’io

Piero Ciampi, dopo due anni di condivisa bohème e di compenetrazione quotidiana di corpi e anime, scrive per lei, interamente, l’album Ho scoperto che esisto anch’io. È il 1973. Dirà Nada «Era un disco bellissimo, troppo in anticipo sui tempi. In ogni parola di Piero c’era dentro la vita. In ogni emozione, andava in fondo tirando fuori le cose più scomode. Vedendo lavorare lui, capii che per esprimere quello che sentivo dovevo imparare a comporre parole e musica. Nel frattempo, la Rca mi affiancò Renzo Zenobi e Paolo Conte, poi iniziai a scrivere da sola. Io e Ciampi non ci vedemmo per molto tempo. Quando è morto, nel 1980, a soli 46 anni, non sapevo neanche che era malato. Mi dispiacque moltissimo». Si perdono le strade di Nada e Ciampi e il più alto, stralunato e addolorato poeta della dissipazione, Piero Ciampi, annaspa e affoga ai bordi polverosi della propria. Morirà solo. Non se ne accorgerà Nada e non se ne accorgerà quasi nessun altro. Consumato da un cancro all’esofago, assistito dal medico, amico e musicista romano Mimmo Locasciulli. Il poeta della vita agra e della rabbia, Piero Litaliano, come per un po’ di tempo si firmò, se ne va così, in silenzio, lasciando un gruzzolo di canzoni e versi che non si fanno dimenticare.

Per Nada, Piero Ciampi compose niente meno che un capolavoro

Ebbe coraggio e ragione Nada a seguirlo finché poté, perché Piero Ciampi, con Nada e per Nada, compose niente meno che un capolavoro.  Ho scoperto che esisto anch’io sì, è un disco bellissimo. E lo è ancora oggi, dopo cinquant’anni. È il disco della consapevolezza piena dell’esistere nel mondo e nell’arte, di una donna che si è spogliata ormai e per sempre di ogni lustrino da ribalta, riconoscendo una vocazione che le porterà in dote un’affilata e severa autonomia creativa e di giudizio. Niente, per Nada, sarà più uguale.

Nada

Nada non ha mai più cantato così bene, non ha mai più interpretato fino in fondo, nella sua lunga e ricca carriera, parole e musiche che sono pezzi di stoffa dei suoi vestiti, della sua anima e angoli di stanza della sua vita. Nada rompe con la musica leggera e leggerissima, il suo pubblico la vuole applaudire all’Ariston. è spiazzato e la ripaga con l’indifferenza. L’album, prodotto e scritto da Piero Ciampi con Gianni Marchetti e Pino Pavone, è un fiasco commerciale dei più riusciti.

Le dieci canzoni del disco

Ho scoperto che esisto anch’io è fatto di dieci canzoni, una più bella dell’altra. Il poeta di Livorno (che ricordiamo intensissima anche nella versione di Bobo Rondelli) regala alla figlia della sua stessa terra un altro indimenticabile quadro urbano, tutto intinto d’inchiostro labronico, Sul porto di Livorno.

Le offre Confiteor e Lui è un folle, e la fascinazione per un sottosuolo, proprio e altrui, del quale non restano memorie. I momenti più alti, in questo diadema di stelle, sono difficili da puntare. Forse, con le precedenti, l’apologo triste sulla scommessa d’amore d’una vita, I due cavallini, dove «due innamorati vecchi imbroglioni avevano giocato le loro anime truccate», forse la straordinaria Ma chi è che dorme insieme a me, anatomia dello straniamento da risveglio alcolico, forse la straziante Sovrapposizioni, valzer disperato per un amore circense e impossibile. Ma ancora oggi si stupisce davanti allo sconsolato e doloroso incontro del disamore che è di Eri proprio tu e per il ricordo rabbrividito della passione passata e consumata in una stanza nuda, che è di Come faceva freddo. Nella ristampa in cd, due altri momenti straordinari, la versione di Nada di L’amore è tutto qui e la poco nota, splendida Lemme lemme rendono tutto, se possibile, anche più perfetto.

La morte di Piero Ciampi

Ho scoperto che esisto anch’io usciva nel novembre del 1973 e pochi se ne accorgevano. Piero Ciampi, il più grande poeta in musica di questo nostro malandato Paese, moriva in una anonima corsia dell’ospedale Umberto I il 19 gennaio 1980, a 45 anni, e se ne accorgevano ancora in meno. La sua Livorno, dove le spoglie di Ciampi riposano nel Cimitero della Misericordia, lo ricorda, sulla facciata della casa in cui nacque, «poeta e cantautore “fino all’ultimo minuto”». A Ciampi, Nada ha offerto le sue corde più profonde e inquieta e al tempo stesso la sua più alta e calibrata prova d’artista. A mezzo secolo di distanza Ho scoperto che esisto anch’io resta uno dei frutti più maturi, abbaglianti e meno colti di un giardino della musica popolare italiana che ben di rado ha visto fiorire piante corsi rare e avvelenate.

Di Piero Ciampi non tutti persero le coordinate e abbandonarono le rotte. Non si dimenticò mai di lui Renato Zero, compagno di vita e di strada con tutte le carte in regola per assistere la disperazione e la solitudine di ogni vita malandata, che in L’aquilone Piero (1991) lo ricorderà cantando che: «L’assenza non giustifica l’assedio / E poi di tutta quella libertà / Un aquilone cosa se ne fa / Se l’impazienza spezzerà quel filo».

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Ha iniziato ad ascoltare musica nel 1984. Clash, Sex Pistols, Who e Bowie fin da subito i grandi amori. Primo concerto visto: Eric Clapton, 5 novembre 1985, ed a seguire migliaia di ascolti: punk, post punk, glam, country rock, i pertugi più oscuri della psichedelia, i freddi meandri del krautrock e del gotico, la suggestione continua dell’american music. Spiccata e coltivata la propensione per l’estremo e finanche per l’informe, selettive e meditate le concessioni al progressive. L’altra metà del cuore è per i manoscritti, la musica antica e l’opera lirica. Tutt’altro che un critico musicale, arriva alla scrittura rock dalla saggistica filologica. Traduce Rimbaud.

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