I 90 anni di Piero Ciampi e un omaggio di Micah P. Hinson.
Se Piero Ciampi, il «barbone celeste» della musica italiana, fosse sopravvissuto alla dispersione dolorosa di sé, avrebbe oggi novant’anni e qualche giorno. E ci piace in questo quarantaquattresimo compleanno senza di lui, a candeline spente, alcune buone novelle lo raggiungono dal ducato in fiamme, mentre cena da solo sulle stelle.
Che la sua Livorno lo abbia da poco celebrato con la ventisettesima, ben viva edizione del premio che gli è dedicato è già di per sé una bella notizia (che non vorrei si desse troppo per scontata). Che sul palco livornese, nella serata finale, Micah P. Hinson abbia regalato ai presenti la sua versione di L’amore è tutto qui (a cui è andato il premio speciale) è la seconda bella notizia.
Un Ciampi “americano”.
Nelle motivazioni del premio si legge che «se Piero Ciampi fosse nato nel cuore degli Stati Uniti avrebbe fatto musica come quella di Micah P. Hinson». Sono lontani gli universi sonori e poetici di Ciampi e Hinson, ma non c’è dubbio che entrambi abbiano scavato la loro arte sotto la scorza arcigna di una vita sghemba e accanita.
La terza bella notizia è che dal 22 novembre circola, nell’universo della musica liquida, la rilettura che Hinson ha portato al Teatro Goldoni, fedele al titolo originale e tradotta in inglese, con fedeltà. Scompare però nella lettura di Hinson l’ironia senza consolazione di Ciampi, scompare, ed è quanto stupisce maggiormente, quel barcollante e asimmetrico cantare di Hinson, che sembra sbattere in tutti gli spigoli e restar sempre, come non si sa, in piedi.
Una rilettura peculiare
L’amore è tutto qui che esce dalle mani di Hinson non è un foglio volante del grande canzoniere americano, ma una ballata che sa di raffinata cucina internazionale. Hinson legge Ciampi con la classe del crooner d’altri tempi, senza amarezza e sarcasmo, molto Sinatra e un po’ Aznavour, e la trasforma a tutto tondo in quel che solo in parte essa è: una canzone d’amore.
Ne esce fuori un succo godibile, piacevolmente mainstream, ugualmente lontano dall’universo avvelenato di Piero Ciampi e dal songwriting claudicante di Micah P. Hinson. È però una bella conferma, messa insieme con intensità e rispetto, della ‘trasferibilità” della lezione di Ciampi in contesti musicali e temporali assai lontani. Per quanto ci riguarda, sufficit (e avanza).