Cockburn 1

Bruce Cockburn in concerto al Backdoor Festival, Castelfranco di Sotto (PI), 8 marzo 2024.

Avreste mai creduto possibile che nella “provincia cronica pisana” – per usare la felicissima definizione di un amico – fosse possibile assistere al concerto di una delle leggende del chitarrismo e del songwriting mondiale? A maggior ragione se la località si trova nel pieno di quello che il mai troppo compianto Borzacchini definiva – non me ne vogliano gli abitanti – il “triangolo dell’ignoranza”.

Eppure da quelle parti una banda di “incoscienti entusiasti” organizza già da qualche anno un singolare e interessante festival diluito nell’arco di un mese o poco più, che mette insieme proposte musicali, presentazioni di libri e altre occasioni di scambio culturale. Già negli anni passati c’erano state presenze significative, come ad esempio la musicista canadese Sarah Davachi. Ma stavolta hanno decisamente fatto il botto, cogliendo al volo una serie di circostanze fortunate che li ha portati a ospitare, in una saletta gremita da un centinaio di spettatori entusiasti, venuti da molte parti della Toscana e non solo, niente meno che un concerto di Bruce Cockburn.

Cockburn concerto

Preceduto da un breve e tutt’altro  che disprezzabile opening act di James Meadow, il quasi ottantenne canadese ha raggiunto lentamente il palco sorreggendosi con l’aiuto di due bastoni e causando una certa apprensione nel pubblico. Apprensione che si è ben presto dissolta con l’inizio del concerto per lasciare il posto a tutta un’altra serie di sentimenti e sensazioni. Concerto che, a nostro parere, non ha molto senso raccontare nelle stesse modalità normalmente usate in simili occasioni. Quindi non elencheremo i pezzi in scaletta – tra i quali un paio di strepitosi brani strumentali – e non ci perderemo nell’individuare da quali dischi siano tratti per cercare di stabilire quanto siano rappresentativi dell’intera carriera del canadese.

O Sun O Moon

Da un lato, quindi, non si tratta certo di un tour di presentazione dell’ultimo, bellissimo, disco O Sun O Moon, visto che sono solo i tre brani tratti da esso, di cui uno riservato all’encore. Ma in un altro senso ne ha costituito la migliore esemplificazione possibile perché ha mantenuto per l’intera durata del concerto quell’atmosfera di struggente malinconia che permea la sua ultima fatica discografica.

Bruce Cockburn in concerto: quasi una liturgia

Ormai giunto ad un’età ragguardevole, Cockburn ha dato la netta sensazione di sentirsi al crepuscolo della propria esistenza e di volerci fare i conti, dando vita, più che a un semplice concerto, ad una vera e propria cerimonia laica non priva di una sua personalissima “liturgia” al servizio della quale sono state messe un’abilità chitarristica ancora eccezionale – nonostante alcuni recenti problemi alle mani – che ha alternato acustica, resofonica e charango in quella particolarissima miscela che da sempre lo contraddistingue unendo folk, blues e accenti jazz, e una voce che un po’ di arrochimento dovuto all’età ha reso ancora più coinvolgente e, per così dire, bluesy. E che il tutto abbia avuto il carattere di una liturgia lo dimostra il “religioso” silenzio col quale tutti gli intervenuti hanno seguito l’esecuzione di ogni singolo brano – salvo prorompere in lunghissimi applausi al termine di ognuno -, tranne quando lo stesso Cockburn, a sua volta abbastanza visibilmente commosso, li ha invitati a partecipare intonando con lui una parte di un ritornello.

Gli encores

Richiamato sul palco da una scarica di applausi il canadese ha fatto di nuovo appello alle sue malferme gambe e ha regalato altri tre brani, chiudendo con quella Us All che è, a modestissimo avviso di chi scrive, il brano più commovente dell’ultimo disco e quello che meglio ne esemplifica l’atmosfera crepuscolare che lo pervade. Non poteva esserci chiusura più degna; doverosa e inevitabile la standing ovation finale, accolta da Cockburn con un sorriso di gioia, ancorché – almeno così ci è parso – velato da una insopprimibile malinconia. In conclusione, un concerto a cui raramente capita di assistere, probabilmente non solo per la grandezza dell’artista, ma anche per l’atmosfera raccolta e quasi familiare che la sede ha contribuito non poco a creare.

Cockburn 2

Grazie Bruce per riuscire ancora a “darti” con questa onestà e intensità, e grazie agli “incoscienti entusiasti” organizzatori del Backdoor Festival che hanno reso possibile questa occasione ai limiti dell’irripetibile. Ma forse loro riusciranno a ripetersi.

foto Cockburn4

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“Giovane” ultrasessantenne, ha ascoltato e ascolta un po' di tutto: dalla polifonia medievale all'heavy metal passando per molto jazz, col risultato di non intendersi di nulla! Ultimamente si dedica soprattutto alla scoperta di talenti relativamente misconosciuti.

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