Marlene Kuntz The Cage

Il concerto dei Marlene Kuntz al  The Cage Theatre di Livorno, 12 marzo 2024

Lo dico subito: i Marlene Kuntz sono un pezzetto della mia vita. Non parliamo di band preferita, ma proprio della colonna sonora di certi momenti, ricordi importanti, passaggi epici. Comprai il loro demo nel 1992 a Cuneo, da Balalaica, all’indomani di un live che avevano fatto assieme a Isola Posse All Stars e Casino Royale (che ancora facevano ska!). Li ritrovai poi ad una Festa dell’Unità ad Empoli, appena uscito “Catartica”. Alle Notti del Maciste al Cencio’s di Prato fecero un’esibizione intensa e memorabile. E poi altri concerti, fino al breve ma potente set al Teatro Goldoni di Livorno, lo scorso dicembre, dove hanno ricevuto il Premio Ciampi (e, dietro le quinte, Giovanni Lindo Ferretti cantava “Lieve”).

I Marlene Kuntz e il trentennale di “Catartica”

Tutto ciò per dire che questo trentennale di “Catartica” non mi tange: mai persi di vista, sempre stimati. Stimati, sì, per la scelta di seguire se stessi prima che il pubblico, ma senza spocchia o calcolo, solo per coerenza artistica.

Ecco, semmai un dubbio c’era: il senso di ributtarsi a capofitto in quei brani adesso, dopo una tale evoluzione da condurli a “Karma Clima”, album le cui canzoni – almeno stando alle loro dichiarazioni – sono nate a seguito di una rivoluzione copernicana: non più le chitarre come punto di partenza, ma solo come approdo, anche con la complicità di due musicisti sofisticati come Lagash e Davide Arneodo. E poi una nuova consapevolezza nei testi, adesso inclini all’impegno sociale, una cosa impensabile agli esordi. Dunque, tutta questa rivoluzione per tornare al punto di partenza? Per di più dopo la celebrazione della potenza del tocco delicato di Neil Young (il progetto “Journey Through The Past” di Godano assieme ad Asso Stefana).

Marlene Kuntz The Cage 1
@Sebastiano Bongi Tomà

Tutto esaurito al The Cage

Ha senso tutto questo? Anche perché l’ultima volta che li avevo visti dal vivo, alla Festa Rossa a Lari, avevano orgogliosamente suonato solo due brani dal loro celebre primo album. E allora? Perché tornare a qualcosa che sembrava scientemente superato? Come sempre, in questi casi, le risposte possono arrivare solo dal palco. E qui parliamo della data zero al The Cage di Livorno, pieno come un uovo, sold out come praticamente tutte le altre date del tour. L’incipit è con “Trasudamerica”, già tra le canzoni più amate, e i primi pezzi scorrono con la band che suona dietro una coltre di luci e fumo.

L’atmosfera è delle migliori: le dimensioni tutto sommato contenute del locale agevolano una visibilità buona del palco anche da posizioni più remote, sebbene l’acustica migliori solo quando ci si avvicina un po’ di più (lo ammetto, arrivato tardi ho scorrettamente guadagnato posizioni nel corso del live, rischiando anche la rissa). Il pubblico gradisce, ma non sguaiatamente, e i cellulari alzati sono un numero tutto sommato accettabile. Godano manifesta fin da subito convinzione e una indiscutibile energia e, sul finire, sembrerà onestamente soddisfatto dell’affetto ricevuto. Sembra quasi avesse voglia di alzare di nuovo il volume, come se le già citate esperienze più recenti alla caccia di una forma espressiva più meditativa ed intimistica (comprese le canzoni da solista) gli avessero fornito la motivazione per rivendicare il suo ruolo di leader della banda rumorosa per eccellenza (per citare un certo brano degli Yo Yo Mundi).

Dal canto suo, Riccardo Tesio conferma l’indole sorniona: impeccabile, preciso, anima di un suono inconfondibile. Aleggia però l’assenza/presenza di Luca Bergia, non per una questione di qualità tecnica (Sergio Carnevale non si discute), ma fu lui a costruire “Catartica” almeno quanto Godano e Tesio. La scaletta approda alle prime eccezioni: non solo “Catartica”, dunque, ma altri brani, purché realizzati prima del 2000 (spiega Godano). Ecco allora la leggendaria “L’agguato” (da “Il vile”), uno dei testi più iconici. Il pubblico apprezza non poco, in un crescendo che conduce alla chiusura della prima parte, quattro brani che fanno esplodere il teatro: “Lieve”, “Festa mesta” (incredibile energia), “Sonica” e “Nuotando nell’aria”.

Marlene Kuntz The Cage 3
@Sebastiano Bongi Tomà

Il gran finale dei Marlene

Nessuno si muove quando la band saluta e rieccoli con “Come stavamo ieri” e, dal passato remoto, “Ape regina”, una delle loro canzoni più antiche, e l’innodica “M.K.”, una catarsi noise da ridurre tutto in gioiose macerie. E, su queste macerie, la violazione della regola nel secondo bis (faremo solo canzoni pre 2000, ricordate?): il finale è affidato ai brividi di “Ti voglio dire”, scritta da Godano proprio per il caro amico Luca, e “Bellezza”, anelito condiviso, una ricerca incessante, grazie Marlene.

Le foto sono di Sebastiano Bongi Tomà.

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Avvocato e giornalista, marito devoto e padre esemplare, scrive di musica e fumetti sulle pagine de Il Tirreno e collabora/ha collaborato con numerose altre testate cartacee e non, oltre a non curare più un proprio blog. Fa parte della giuria del Premio Ciampi.

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