O Sun O Moon: con serenità Bruce Cockburn affronta l’età declinante.
Non c’è niente di nuovo in questo disco del cantautore canadese, giunto ormai al trentottesimo titolo. Ma non è una brutta notizia… Per chi ha seguito il percorso di Bruce Cockburn da quasi cinquant’anni, come il sottoscritto, O Sun O Moon è una felice conferma, pur non essendo tra le sue migliori opere. Dopo il transitorio Crowing Ignites, l’album strumentale di due anni fa, Cockburn torna alle canzoni, con una voce che, per la prima volta, sente in alcuni momenti il peso dell’età, acquistando toni inediti e una nuova intensità. D’altronde il canadese ha scavalcato i settantotto anni proprio mentre usciva questo disco, ricevendo da Gordon Lightfoot lo scettro di decano dei songwriter canadesi.
I temi di O Sun O Moon
O Sun O Moon (True North) è un disco rilassato, positivamente malinconico, sicuramente maturato nel natio Canada. Le registrazioni, invece, sono avvenute a Nashville, con gran cura e assieme ad un gruppo di musicisti “di famiglia” come Colin Linden, chitarre, Gary Craig, batteria e Jenny Scheinman, violino. In più, ci sono cameo importanti come quelli di Shawn Colvin, Buddy Miller e Sarah Jarosz, tutti all’accompagnamento vocale.
Molti dei brani trattano dell’età, del tempo limitato, ovvero dell’ineluttabile. Di conforto c’è la grande e incrollable spiritualità, tratto che contraddistingue la scrittura di Cockburn, assieme all’impegno politico-ambientale. Essa ammorbidisce in parte l’oscurità dei temi, e la felice vena melodica riempie i brani di grazia ed eleganza. Come dicevo, nel disco c’è grande spazio per le canzoni e un unico brano strumentale. Quest’ultimo non è esaltante come certe meraviglie del passato, forse per i noti problemi articolari che non consentono a Cockburn le solite acrobazie sulle corde.
Al di là di questi piccoli inconvenienti, dovuti all’età (o alla maturità), O Sun O Moon è un disco ampiamente consigliabile, sia a chi ha già gli altri trentasette, sia all’anima buona che inizi da qui…
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Fausto Meirana
Recensore di periferia. Istigato da un juke-box nel bar di famiglia, si cala nel mondo della musica a peso morto. Ma decide di scriverne solo da grande, convinto da metaforici e amichevoli calci nel culo.
