pubbliche e pubbliche polemiche (ricordiamo solo l’allontanamento del batterista storico Orri Páll Dýrason, accusato di violenza sessuale e una brutta questione di evasione fiscale), polemiche dalle quali gli islandesi sono usciti tutto sommato indenni. Malgrado ciò, anche per l’indubbio talento della band, era attesissimo il loro ottavo album in studio, puntualmente apparso a metà giugno.
I Sigur Rós restano fedeli a se stessi
La lunga attesa è stata premiata: sin dal primissimo ascolto ÁTTA (Von Dur Limited) ci immerge in un flusso sonoro coeso, accattivante e convincente, nella migliore tradizione di una band capace incessantemente di creare atmosfere magiche e coinvolgenti. Dieci sono i titoli in scaletta, per una durata di poco meno di un’ora. È Glóð a essere scelta per aprire le danze: un pezzo tutto in crescendo, costruito sull’interpolazione di diversi sample registrati con la voce di Jónsi in falsetto e sapientemente manipolata, a creare una sorta di paesaggio sonoro cupo ed enigmatico.
La partenza di Dyarson è compensata dal rientro nei ranghi del tastierista/arrangiatore Kjartan “Kjarri” Sveinsson, la cui maestria e sensibilità traspare soprattutto nei pezzi migliori come la ieratica Blóðberg, sottolineata dalla voce glaciale di Jónsi.
Il flusso sonoro di ÁTTA
Come spesso nel caso della band islandese, le dieci tracce sono da un lato elementi autonomi, dall’altro vanno ascoltate una di seguito all’altra per essere apprezzate al meglio. Come dei capitoli di
un’unica antologia, infatti, ciascun brano conduce all’altro e tutti assieme descrivono una traiettoria che diviene un viaggio sonoro di incantata bellezza. È il caso, per esempio di Skel e Klettur, la prima una sorta di introduzione alla seconda, in un crescendo sottolineato da archi e tastiere, cui, in Klettur si aggiungono delle percussioni ipnotiche. L’arrangiamento perfetto è curato dalla London Contemporary Orchestra diretta da Robert Ames, a rendere ancora più cinematografiche le trame sonore tessute dagli strumenti e dalla voce di Jónsi , più precisa e tagliente che mai.
La seconda metà dell’album è anche quella più interessante, a partire da Mór, dalle movenze classicheggianti, a cui seguono pezzi meno prevedibili. Come la bella Andrá, che ci guida fino a Gold,
nel quale la voce di Jónsi risulta ancora più chiara e intellegibile, rendendo il brano accessibile anche a un pubblico meno specializzato, senza tuttavia perdere nulla del fascino enigmatico che in filigrana è presente un po’ in tutto l’album.
Fall e 8 sono rispettivamente il momento più breve e quello più lungo dell’album. La prima dominata dalle note del pianoforte ci conduce languidamente ai quasi dieci minuti di 8, un susseguirsi di note e silenzi, una lunga cavalcata che, fra luci e ombre, è un microcosmo che racchiude in sè gran parte dell’universo musicale della band, capace nel tempo di reinventarsi senza mai perdere di vista le origini.
Sigur Rós – ÁTTA
7,7
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Mariangela Macocco
Milanese trapiantata a Parigi, fra filosofia e diritto, le mie giornate sono scandite dalla musica. Amo la Francia, il mare e il jazz. I miei gruppo preferiti ? I Beatles, i Radiohead, gli Interpol e gli Strokes.