Six Organs

Un disco che suona quasi come una colonna sonora di paesaggi immensi: Six Organs of Admittance – Time Is Glass.

Dopo la parentesi di The Intimate Landscape del 2021 uscito a suo nome, Ben Chasny ritorna, con Time Is Glass, al suo moniker Six Organs of Admittance che ha ormai superato il quarto di secolo. Anche stavolta come nel precedente Companion Rises, Chasny fa tutto da solo, dalla scrittura fino al missaggio. Time Is Glass, che esce per la fedele Drag City, è stato registrato in casa sua e in quella di un amico suo vicino: il disco infatti segna anche il ritorno alla natia contea di Humboldt situata nel nord della California, fra la costa del Pacifico e le alte montagne regno di monumentali sequoie, un paesaggio fortemente evocativo, che potrete apprezzare sia nel video di The Mission che in vari siti, vissuto intensamente attraverso lunghe passeggiate col suo cane e che è penetrato profondamente nel suo animo. A me ha fatto venire in mente il libro di Kerouac I vagabondi del Dharma, del quale il disco potrebbe essere una sorta di colonna sonora.

I temi del disco

Chi conosce la musica di Chasny sa all’incirca cosa aspettarsi, canzoni permeate da un’atmosfera intima, colorate in chiaroscuro, ma anche avvolte in un’aura misteriosa e misticheggiante a cui concorre il suo magnifico fingerpicking, influenzato da grandi maestri come Robbie Basho e John Fahey, ma anche dalla musica modale indiana. Un alt folk contrassegnato da ipnotici droni e da una sognante psichedelia che rendono la sua musica adatta alla meditazione e all’introspezione. Non fa eccezione questo Time of Glass, in gran parte incentrato sul tema della fragilità e dell’inafferrabilità del tempo e soprattutto del suo inesorabile scorrere, il che spiega il tono sommesso e malinconico che pervade il disco. Come detto nulla di nuovo, ma a un artista come Chasny non si chiedono l’innovazione o cambi di rotta, ma di rinnovare il legame di sentimenti ed emozioni che ha creato lungo la sua carriera.

Six Organs of Admittance – Time Is Glass: le canzoni

Nove brani compongono la scaletta del disco che inizia con l’arioso fingerpicking di The Mission, una canzone dalla magnifica e malinconica melodia, ispirata ai paesaggi vasti e solitari del luogo in cui è ritornato a vivere, mentre la strumentale Haephestus fra synth cupi e angosciosi e linee potenti di basso ci trasporta nelle viscere della Terra laddove opera il fabbro degli dèi.

Slip Away è forse il brano più decisamente psichedelico fra ondate di droni e un canto ipnotico e ieratico, che mi ha ricordato lo stile di Gioele Valenti nei suoi Juju. Seguono i due minuti di incantevole fingerpicking di Pilar, il fragile e intimista folk di Teophany Song, il rincorrersi di chitarra acustica ed elettrica nella bucolica The Familiar, una Spinning in the River che ci mostra il lato più sperimentale di Chasny, che qui fa irrompere lampi noise a spezzare il suo sommesso cantare; mentre Summer’s Last Rays è un lungo strumentale per droni di chitarra e harmonium. Chiude la struggente melodia di New Year’s Song.

Six Organs of Admittance – Time Is Glass
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Nato nel 54 a Palermo, dal 73 vive a Pisa. Ha scritto di musica e libri per la rivista online Distorsioni, dedicandosi particolarmente alla world music, dopo aver lavorato nel cinema d’essai all’Atelier di Firenze adesso insegna lettere nella scuola media.

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